Suicida Paludetto, aveva 72 anni

Ex rugbista, aveva scritto libri e romanzi: era il “Maestro”. Messaggio ai familiari

È stato un rugbista, un trascinatore della piazza. E uno scrittore: aveva deciso di mettere la sua brillantezza, il suo spirito, la sua verve, al di fuori dell’ambiente della pallovale. Ha scritto libri, ricchi di aneddoti, racconti e ritratti sul rugby degli anni 50, sui protagonisti, sui campioni e sui personaggi . Ma ieri, schiacciato dalla solitudine e da un male di vivere profondo Franco Paludetto, 72 anni, si è tolto la vita. I vicini l’hanno trovarlo nella sua casa di Pezzan di Carbonera, dove viveva solo. Ha lasciato un biglietto per spiegare il gesto estremo, annunciato - sembra - anche ad alcuni amici. Una gioventù trascorsa sui campi da rugby. La scintilla un viaggio a Padova, per la finale della stagione 1953/54 giocata da Treviso e Rovigo all’Appiani. Cento chilometri in bici, con il cugino Toni e altri amici, per sostenere il Treviso. Iniziò quindi a giocare nel ‘54 nelle giovanili del Treviso: voleva essere ala, ma fu schierato in mediana, allevato dal mitico Ferdy Sartorato. In prima squadra debuttò due anni dopo. Un'altra stagione a Treviso, poi venne ingaggiato dall’Amatori Milano, con cui vinse la Coppa Lombardia. Quindi passò nella squadra dell’Esercito, durante il servizio di leva a Napoli. Un passaggio a Rovigo, il ritorno a Treviso.

Il rugby fu la sua vita fino al ’69: Paludetto vestì anche la maglia dell’Italia B e under 23. Poi il lavoro: era impiegato alla Zanussi. Negli ultimi anni aveva dato nuova linfa alla sua passione per il rugby, cercando di raccontarla. Aveva pubblicato «I sogni e le mischie. Storie di vita e di Rugby», e «Oltre al linea bianca. Leggende di rugby», editi da Silvano Piazza, più un altro romanzo «Oltre la collina si vede il mare» (2002), la storia di una famiglia veneta. Ma nell’ultimo periodo aveva perso anche la voglia di scrivere. La morte del padre, la recente separazione da Dorina, la moglie, per tutti «Lolli». Si era chiuso in se stesso, non si vedeva più alle partite a Monigo.

Le guardava in un bar, l’ultima la semifinale di Heineken Cup. Lascia anche le figlie Lisa e Susanna e le nipotine. A Pezzan, per tutti, era il Maestro. Per sua espressa volontà, sarà cremato. (f.c.)

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