Strage dei ragazzini, l'ultima beffa

Giustizia lumaca, lo Stato condannato a risarcire. Ma non ci sono i soldi
La corriera squarciata dal camion a Varago Era il 1 ottobre 1984 La foto fu pubblicata l’indomani sulla Tribuna di Treviso Sopra le 7 vittime quasi tutte 15enni: Barbara Vertieri, Cinzia Ungaro, Fabio Denis, Luisa Trevisi, Michele Tonon, Fiorenzo Vendrame, Mauro Milanese
La corriera squarciata dal camion a Varago Era il 1 ottobre 1984 La foto fu pubblicata l’indomani sulla Tribuna di Treviso Sopra le 7 vittime quasi tutte 15enni: Barbara Vertieri, Cinzia Ungaro, Fabio Denis, Luisa Trevisi, Michele Tonon, Fiorenzo Vendrame, Mauro Milanese
 
MASERADA.
Ventisette anni fa, lunedì primo ottobre 1984, sulla strada che da Treviso porta a Maserada si consuma una strage. Un bus di studenti si scontra con un camion: muoiono 7 ragazzini, quasi tutti quindicenni. Un dramma non solo per le famiglie delle vittime, ma per tutta la comunità, una ferita profonda che non si è ancora rimarginata. Anche perché, col passare degli anni, al dolore per quelle morti si è aggiunta l'amarezza dovuta alle lentezze della giustizia civile e ora anche la beffa: le famiglie che hanno fatto ricorso contro i tempi lunghi del processo (19 anni per avere il risarcimento), hanno vinto la causa contro lo Stato. Che però non ha mai pagato la somma dovuta. Il motivo? Manca lo stanziamento nel relativo capitolo di spesa. In sostanza non ci sono i soldi. E così la legge Pinto, quella che condanna il ministero della Giustizia a pagare i danni quando i processi durano troppo a lungo, suona come una presa in giro. Anche per le famiglie della strage di Maserada.  Fabio Denis aveva appena 15 anni quando il primo ottobre '84 stava tornando a casa da scuola. Fabio era felice, scherzava con l'amico seduto vicino a lui, parlavano della domenica appena trascorsa, del campionato, dei compiti da fare al pomeriggio. Improvvisamente un fragore e le urla, poi soltanto il buio. E la sofferenza, profonda e mai superabile, di chi è rimasto: dei genitori e del fratello condannati per sempre al dolore dell'assenza. La famiglia ha deciso di fare l'unica cosa che poteva ancora fare per Fabio: lottare per avere giustizia. C'è stata la sentenza penale che ha condannato gli autisti della corriera e del camion per omicidio colposo e strage colposa a 3 anni in primo grado ridotti a 2 in Appello e confermati in Cassazione. E c'è stata l'azione civile, per ottenere il risarcimento danni con l'avvocato Pietro Barolo. Una causa che per i Denis (ma anche per altre famiglie coinvolte nella strage) inizia il 23 luglio 1990 davanti al tribunale di Treviso chiamando in causa il camionista, Unipol Assicurazioni, La Marca spa e Assicurazioni d'Italia. Sfilano periti e testimoni, si arriva alla sentenza di primo grado il 30 maggio 2001. Il pronunciamento dei giudici di Treviso viene ritenuto non soddisfacente e la famiglia decide di ricorrere alla Corte d'Appello. Il processo viene istruito, ma di fatto ricomincia un anno dopo, il 5 dicembre 2002, per un problema di notifica a un avvocato. Si succedono le udienze, trascorrono gli anni: sette per l'esattezza. E' il 26 maggio 2009 quando la Corte d'Appello pronuncia la sua sentenza. I familiari di Fabio hanno atteso 19 anni per ottenere un risarcimento danni. Troppi, ma non abbastanza per fiaccare i familiari di Fabio. Che decidono di impugnare la sentenza richiamando la legge Pinto sulla ragionevole durata dei processi. I fascicoli vengono inviati alla Corte d'Appello di Trento, competente territorialmente per le cause di equa riparazione provenienti da Venezia (e quindi da Treviso). I giudici esaminano il caso e un anno dopo danno ragione allo studio Barolo: il processo per il risarcimento danni è durato troppo a lungo. La legge stabilisce il termine di 5 anni per una causa, allungabile per casi complessi, come è appunto quello di Maserada, a 6 anni. Considerato che le parti hanno proposto appello a distanza di oltre un anno dalla sentenza di primo grado, la Corte d'Appello di Trento arriva alla conclusione che la causa civile è durata 11 anni e 9 mesi più del dovuto. La somma fissata a indennizzo è di 1.000 euro per ogni anno di ritardo, più gli interessi. Il risarcimento complessivo che i magistrati riconoscono ai Denis (si sono costituiti i genitori e il fratello) è di 35 mila euro, più gli interessi. Giustizia è fatta, dunque. Ma solo sulla carta. Perché quando qualche mese dopo gli avvocati chiedono notizie agli uffici giudiziari trentini sulla liquidazione della somma che ancora non è arrivata, ricevono questa risposta scritta: «... per quanto concerne la liquidazione dell'indennizzo si informa che questo ufficio, alla data odierna, non è in grado di stabilire tempistiche di pagamento relative ai risarcimenti di cui all'oggetto (legge Pinto) in quanto purtroppo, ad oggi, non è dato da conoscere quando saranno messi a disposizione di questa Corte i fondi necessari sul capitolo di spesa dedicato. Sarà cura di questo ufficio pagatore, non appena possibile, corrispondere quanto dovuto agli aventi diritto». Ad oggi la famiglia non ha ricevuto un euro.  Un caso-simbolo quello di Maserada. Ma molti altri sono i trevigiani in attesa del risarcimento che chissà-se e chissà-quando arriverà.  

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