Stesso dramma per Michele Un colpo al petto nell’auto

Era stato trovato morto suicida il 16 luglio del 2002. Michele Martin, fratello di Mirko, all’epoca poliziotto della Squadra Mobile, si era tolto la vita all’interno della sua macchina sulle grave...

Era stato trovato morto suicida il 16 luglio del 2002. Michele Martin, fratello di Mirko, all’epoca poliziotto della Squadra Mobile, si era tolto la vita all’interno della sua macchina sulle grave del Piave, con un colpo al cuore. Aveva 42 anni, lavorava alla Questura di Treviso. Nella sezione antidroga, residente a Maserada, sposato e padre di due figli, era stato rinvenuto senza vita, ancora al volante della sua Seat Ibiza, sulle grave del Piave a Cimadolmo.

Un destino simile, se non uguale a quello del fratello. Entrambi avevano scelto la carriera militare. Entrambi hanno deciso di togliersi la vita prematuramente.

Michele Martin era sceso con la sua auto lungo una stradina e si era fermato sotto il ponte. Il corpo senza vita era stato rinvenuto sul sedile. Poco distante la sua Beretta a cui mancava un colpo. La famiglia distrutta dal dolore: i genitori, la moglie, i figli, i fratelli. I colleghi sotto choc.

Un gesto disperato apparentemente senza motivo, che trovava le sue radici forse in ragioni più profonde di cui nessuno, fino al momento della tragedia, si era mai accorto. Era entrato nella Squadra Mobile otto anni prima, faceva il poliziotto da una vita. Era passato attraverso un’esperienza nelle volanti, poi nel reparto prevenzione del crimine e in questura era conosciuto un po’ in tutti gli uffici. Aveva da poco terminato le ferie e ripreso a lavorare. Quel giorno i colleghi lo aspettavano in servizio a Treviso, in questura. Quando non si era presentato i colleghi inizialmente avevano pensato a un errore di turno, un banale malinteso. L’allarme era scattato solo nel pomeriggio, quando la sua assenza non aveva più ragione d’essere.

Erano scattate le ricerche in più direzioni, fino al ritrovamento della sua auto, a Cimadolmo, all’interno il corpo senza vita di Michele. Segnalato da un passante che aveva subito allertato il 113. La pista del gesto disperato si era fatta presto strada. Un’indagine delicata, portata avanti dagli stessi colleghi dell’uomo, che da anni dividevano con lui la scrivania. Analisi sull’arma che lo ha ucciso, impronte sull’automobile. Una persona equilibrata, dinamica, apparentemente felice. Non aveva dato, almeno in apparenza, segni di depressione. Una tragedia inspiegabile, come quella che ieri ha visto protagonista il fratello Mirko che fino a poco prima, riferiscono, chiacchierava tranquillamente con i colleghi.

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