Se dio Zigo diventa una squadra di calcio «Ora mi manca la statua in Piazza Grande»

L’INTERVISTA
Non esiste al mondo una squadra di calcio che porti il nome di Pelè, Maradona, Ronaldo o di un altro campione vivente o non. Gianfranco Zigoni, il mitico Zigo-gol, l’indimenticata ala sinistra di Juventus, Roma e Verona, attaccante amatissimo da tutti i tifosi dell’Hellas, che ha concluso la sua brillante carriera a Piavon di Oderzo, tra i dilettanti, dopo un biennio trascorso all’Opitergina, è l’unico campione che ha il privilegio di avere ora una squadra che porta il suo nome: “ASD Oderzo – Gianfranco Zigoni”, che disputerà il campionato di Seconda categoria.
Zigoni, dal fresco eremo di Piancavallo, dove sta trascorrendo l’estate in perfetta solitudine, ha appreso con grande soddisfazione l’originale notizia?
«Dopo questo primo importante riconoscimento mi aspetterei che il mio Comune mi dedicasse una bella statua da posizionare nel centro di Piazza Grande. Ne avevo parlato scherzosamente a suo tempo con il mio amico sindaco Bepi Covre, ma io aspetto sempre speranzoso…, a un grande campione questo e altro».
Come ha vissuto la recente vittoria dell’Italia ai campionati Europei?
«Ho festeggiato come tutti anche se ultimamente seguo poco il calcio perché mi sto appassionando al rugby assistendo alle partite dei ragazzi dell’Academy dell’amico Castrogiovanni, e mi sono venuti in mente i campionati europei del 1968, vinti da una grande nazionale italiana in cui giocai anch’io, anche se non ho partecipato alla fase finale perché avevo davanti un certo Gigi Riva».
Che ruolo avrà Zigo-gol nella nuova società?
«Ho già detto che parteciperò soprattutto ai terzi tempi, ricordo che quando giocavo nel Piavon e finii il primo campionato con un solo goal, stipulai con il presidente, piuttosto deluso dalla mia scarsa vena realizzativa, questo accordo per la stagione successiva: due soppresse se fossi arrivato a 10 gol, due soppresse e una damigiana di raboso se fossi arrivato a 15 goal. Raggiunsi il mio obiettivo poco dopo la fine del girone di andata e lì mi fermai».
Come passa le giornate a Piancavallo?
«Guardo le Olimpiadi, mentre seguo poco la cronaca anche perché i politici di oggi mi annoiano, parlano e basta. Il mio mito rimane il Che, anche se non ho mai sposato alcuna ideologia. Il Che ha dato la vita combattendo per la giustizia e la libertà. Da uomo libero quale sono rimane il mio punto di riferimento, anche se non sono mai stato comunista».
È vero che si è ritirato a Piancavallo anche per paura del Covid?
«In questo periodo preferisco star lontano dalla folla, anche se mi sono vaccinato contro il Covid. Non ho paura di morire, ma sono terrorizzato dall’idea di poter essere ricoverato in ospedale. In ogni modo stare lontano dalla moglie per un po’ di tempo è una cosa salutare, che suggerisco a tutti». —
Alvise Tommaseo
Massimo De Luca
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