«Schiava in quel bordello»

CONEGLIANO
«In quello chalet vivevo segregata: non potevo uscire, a volte mi chiudevano dentro. Niente auto, niente telefono. E per mangiare me lo portavano loro. Una volta ho provato a scappare: era notte, sono fuggita attraverso i boschi. Mi hanno ritrovata e riportata indietro». Il racconto di Z.M., oggi 30 anni, ucraina, è drammatico. E’ la storia di una bellissima ragazza arrivata in Italia dall’Est al seguito della mamma badante, con l’intenzione di trovare un lavoro e di portare un giorno in Italia anche il suo bimbo rimasto in patria. Invece la giovane è diventata - secondo le ricostruzioni degli investigatori - la «schiava» di un sodalizio sportivo-criminale che offriva sesso in cambio di sponsorizzazioni. La giovane si è ribellata e ha presentato ai carabinieri del Nucleo Radiomobile di Conegliano la denuncia che ha messo in mòto l’inchiesta su sesso e sport portando in cella Giovanni, Gianni, Biz, 69 anni, originario di Orsago e residente a Caneva ex panettiere, amministratore del Gran Gala ciclistico e il vigile urbano Fabrizio Ros, 41 anni di Caneva con l’accusa induzione e sfruttamento della prostituzione. La giovane, assistita dagli avvocati Christian Menegon e Giovanni Cecilian, si è ora rifatta una vita. Ma è stato un percorso lungo e difficile: «Perché lei - spiegano i legali - non era una prostituta. E’ stata costretta a fare quello che ha fatto e quando ne è uscita era una persona devastata:ha dovuto rivolgersi a uno psicologo per poter superare quello stato».Il racconto della ragazza raccolto dagli investigatori, è un atto d’accusa nei confronti di Biz e di Ros. La giovane, destinataria nel 2005 di un ordine di espulsione, non vuole tornare in patria. Lo dice a Ros: è lui, secondo la ricostruzione dell’accusa, che la indirizza a Biz. «Devo trovare il modo di stare qui», spiega lei. Biz le mette a disposizione l’alloggio: lo chalet lungo la strada del Gaiardin di Caneva. All’inizio sembra un favore: resta nascosta qui fino al permesso di soggiorno. Poi il registro cambia: io ti do questo posto e ti faccio avere il permesso - le avrebbe in sostanza detto Biz - ma tu non ti devi muovere e devi «ricevere» i miei amici. E’ il 2009. Cominciano ad arrivare i clienti: «Alcuni erano fissi, altri occasionali, volti nuovi che venivano solo in certi periodi», ha ricostruito l’ucraina. Tra i momenti particolarmente affollati ci sarebbero stati quelli in corrispondenza al Gran Gala. Certe notti, poi, il casolare diventata molto affollato: in quelle occasioni arrivavano altre ragazze e diversi uomini. Erano le serate del bunga-bunga immortalate anche nelle foto in mano agli investigatori. Z.M. ha spiegato che non poteva andarsene: «Mi minacciavano che se fossi scappata mi avrebbero mandata in Ucraina e non avrei più visto mia madre. A volte mi chiudevano dentro e comunque non avevo mezzi per spostarmi, niente bici, niente auto. La spesa me la portavano loro, Ros era quello che veniva più spesso. Ero senza telefono: le chiamate le facevo quando venivano loro». Nonostante le minacce Z.M. tenta di andarsene: «Sono scappata di notte, a piedi, attraverso i boschi: mi hanno ripreso». La liberazione della giovane arriva grazie a un cliente, un commerciante di Nervesa, P.B., amico di Gianni Biz. L’uomo fa salire sulla sua auto l’ucraina e la porta a Conegliano, in una appartamento di via Verdi. E’ la sua liberazione.
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