Santa Bona, messa del vescovo per i detenuti

Il presule: «Gesù non ci giudica ma ci accoglie». Un giovane: «Quante porte da varcare»

Comincia dalla piccola chiesa all’interno della Casa circondariale di Santa Bona la prima messa di Natale del vescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin: «Il momento non è per me meno importante della celebrazione solenne in cattedrale. Questa chiesa così raccolta è più simile alla condizione che assunse Gesù quando venne al mondo». Le porte della cappella a due passi dalle celle si aprono nel giorno di Natale per dare il benvenuto al vescovo che ha celebrato messa insieme a una cinquantina di detenuti. C’è il cappellano del carcere don Pietro Zardo. Ci si stringe tra i banchi. Eppure la chiesetta è pronta a far posto pure a una ventina di giovani volontari del coro della parrocchia di Santa Bona. In chiesa c’è anche il direttore del carcere Francesco Massimo e le guardie carcerarie. Al suo fianco siede la senatrice Simonetta Rubinato. A regalare la sua voce ai detenuti arriva il tenore Francesco Grollo, che intona l’Ave Maria. E non mancano le candele rosse accese, una natività di legno ai piedi dell’altare e la solennità della festa regalata dalle voci dei ragazzi di una parrocchia. E insieme a loro da un talento della lirica: «La vostra condizione di detenuti ci pone molte domande», ha detto il presule durante l’omelia, «Certo la legge umana regolamenta il nostro vivere di uomini e interviene quando non è rispettata, ma a nessuno è lecito entrare dentro il cuore delle persone. Il Natale non ci giudica ma ci accoglie così come siamo». Arriva il momento dei regali. Con un albero di Natale in legno realizzato dai detenuti per il vescovo. «Mi sento di dire grazie ai detenuti: se la struttura funziona bene è anche merito di chi si comporta bene. E un grazie agli agenti per il loro lavoro», ha detto il direttore Francesco Massimo. Il detenuto Andrea L. ha in mano una lettera per il vescovo: «In questo periodo la parola che sentiamo di più grazie all’anno santo è porta. E chi meglio di noi ha voce in capitolo su questa parola? Noi di porte da varcare ne abbiamo a bizzeffe. Aspettiamo che qualcuno le apra. Ma questa nostra abitudine di aspettare che qualcuno apra le porte per noi limita la nostra libertà».

Alessandra Vendrame

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