San Polo, burocrazia lumaca Dieci anni per una bonifica

SAN POLO DI PIAVE. È un caso di burocrazia record quello che riguarda le conseguenze del sinistro stradale accaduto il 20 marzo del 2007 in via Campagna a San Polo. Un’autocisterna della ditta Pol uscita di strada sparse 15.100 litri del gasolio sulla banchina stradale e sul fossato adiacente, invadendo anche una superficie agricola di 275 mq di proprietà della famiglia Paladin. Un incidente non grave, senza feriti, ma che ha aperto un procedimento burocratico per la bonifica e il ristoro dei danni che si è concluso solo in questi giorni. Otto anni e mezzo di conferenze di servizio, perizie tecniche, collaudatori, progetti e lavori, conclusi solo in questi giorni con la rimozione del cantiere. Dieci anni dopo l’incidente.
Giovanni Pol, proprietario del camion, riferisce la cifra esatta che la sua assicurazione ha versato alla «RE.AL Service Spa», la società di pronto intervento ecologico con sede a Marghera incaricata di provvedere alla bonifica del terreno inquinato: oltre 3 milioni di euro, cui vanno aggiunti i circa 800 mila euro per la messa in sicurezza dei mesi subito successivi all’incidente.
Il geometra Leo Momi, che ha seguito l’intero procedimento di bonifica del terreno di proprietà dei Paladin, testimonia che da oltre due anni la superficie interessata dallo sversamento è rientrata nei normali parametri ambientali: «Gli ultimi rilievi sulle acque sono stati fatti nel gennaio del 2015. Il 14 luglio del 2015, poi, io stesso ho firmato il collaudo ambientale definitivo. Dal punto di vista ambientale, quindi, la partita si è conclusa già da un pezzo».
Il Sindaco Diego Cenedese conferma questi dati, specificando che al termine del 2015 si svolse la conferenza di fine servizio che ratificò la rimozione definitiva del cantiere.
Come si spiega, allora, il fatto che il cantiere sia rimasto allestito fino a ieri, due anni dopo la sua convalidata chiusura? «È dal punto di vista delle responsabilità – dice Momi – che la vicenda non si è ancora risolta. Qui viene il complicato: gli accordi stabilivano che l’azienda bonificatrice risarcisse di una certa cifra la proprietà privata per l’occupazione del terreno. Ma a causa del superamento di parecchi anni della scadenza prestabilita, la società era tenuta a pagare una penale giornaliera. Il pagamento della sanzione non è stato però onorato dall’azienda, e di qui è sorto un contenzioso legale fra le due parti. La ragione dell’attuale presenza del cantiere non è quindi di tipo ambientale, ma ha valore contrattuale: è un modo per la società di rivalersi sulla pretesa dei Paladin di ottenere la ingente cifra di risarcimento loro spettante, ed è destinata a durare fino a che i legali rappresentanti le due parti non raggiungeranno un compromesso vantaggioso per entrambi».
Valeria Roma
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso