S. Giuseppe, vanno all’asta le aree di Treviso-Servizi

Stretti fra crisi edilizia e prestiti bancari, i principali costruttori in concordato
Di Federico De Wolanski

Un quartiere, e una città, sotto scacco di uno stallo dovuto ad una pesantissima esposizione debitoria nei confronti delle banche, quelle stesse banche che negli anni d’oro concessero milioni per alimentare il mercato di un’edilizia che di lì a poco si sarebbe schiantata contro la crisi immobiliare del 2008.

Ecco cosa sta succedendo a San Giuseppe, e precisamente nei terreni che si estendono dalla Noalese fino alla Dogana, tutti riconducibili ad un’unica impresa di costruzioni, quella della famiglia Boldrin.

In oltre 50 mila metri quadrati dei campi incolti che corrono a lato di via Serenissima negli anni si è sviluppato un progetto edilizio che comprendeva residenze, parcheggi, nuove strade ma soprattutto migliaia di metri cubi tra centri commerciali, sportivi, ricettivi, direzionali, piscine e perfino un maxi cinema da 8 sale. Un piano diviso in lotti che rispondevano a quell’unico programma di sviluppo cittadino che si chiamava “Treviso Servizi” e ricadeva su un’area ancor più vasta .

A far la parte del leone su quelle terre, era la Boldrin Spa, società di Padernello di Paese facente capo alla famiglia Boldrin che negli anni del boom aveva edificato in mezza Italia conquistandosi un meritato e pesante credito nel mondo delle costruzioni e della finanza. Sua la proprietà di 48 mila metri quadrati alla sinistra di via della Serenissima; sua la bella casa colonica che costeggia la rotonda tra Noalese e tangenziale; sua la titolarità dei 2.496 metri quadrati della cosiddetta lottizzazione Noalese (trenta appartamenti sempre a lato di via Serenissima) e della lottizzazione Luigina nei pressi dell’aeroporto (in questo caso però in leasing).

Per tutti gli spazi c’era un progetto, per tutti anche una banca alla porta dell’azienda di Padernello pronta a sostenere i cantieri della Boldrin, considerati un affare sicuro. Sull’onda di questa spinta arrivò in comune nel 2008 il piano del “Centro Taurus” con cui Boldrin voleva edificare 100 mila metri cubi di cittadella del divertimento in uno dei suoi terreni a S.Giuseppe. L’autorizzazione del Comune arrivò in tempi record (anche le amministrazioni traevano il loro giovamento economico dall’edilizia), ma il cantiere morì ancor prima di nascere così come tutti gli altri progetti della Boldrin a San Giuseppe.

La crisi del mattone aveva fermato il mercato, lasciando invenduto molto del costruito e condannando le imprese a pesanti esposizioni finanziarie nei confronti delle banche che avevano concesso liquidità sulla fiducia di futuri incassi dovuti alla vendita degli immobili.

Il rapporto pre-crisi tra imprese e banche non era certo quello che gli istituti instauravano con i comuni cittadini che chiedevano finanziamenti per comprare casa. Per le imprese che garantivano affari spesso i cordoni della disponibilità erano ben ampi, diciamo fiduciari, col risultato che al primo intoppo alcune banche si sono ritrovate esposte più degli stessi costruttori che ormai edificavano sulla base dei fondi dati dalle banche.

Ed è qui che svanisce anche il grande progetto su S.Giuseppe. Nel 2008, mentre pensa al Taurus, la Boldrin edifica la grande torre di piazza Mazzini a Jesolo, 84 appartamenti in 21 piani, impresa titanica con altrettanto pesante esposizione con la Popolare di Vicenza. Metà del palazzo va venduto, il resto no. L’affare non si ripaga nei tempi previsti e così avviene per altri progetti sparsi tra Trieste, Novara, Teramo e per gli investimenti fatti per acquisire i terreni delle future edificazioni. Boldrin e banche restano in attesa di un’alba migliore che però non arriva. L’azienda nel 2014 chiede ed ottiene il concordato preventivo. I beni vanno all’asta, prima alcuni, poi sempre di più, perchè sono le stesse banche che prima avevano concesso soldi a go-go a voler rientrare dell’esposizione finanziaria a vuoto. Vendere è l’unica via per non perdere i soldi ed evitare il fallimento che infatti nessuna delle banche finanziatrici della Boldrin chiede.

In tutto questo calderone finisce inevitabilmente anche l’area di San Giuseppe tra viale della Serenissima e tangenziale che oggi è all’asta per 4 milioni di euro. Due li vale solo il terreno che avrebbe dovuto veder sorgere il “Centro Taurus”; 1,3 milioni è la richiesta (già ribassata dopo un’asta deserta) per la casa colonica a bordo rotonda; seicentomila euro per la lottizzazione Noalese.

E la domanda alla fine di tutto è solo una: chi pagherà realmente la bolla edilizia se le banche non rientreranno dei soldi dati? I soci?

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