Rifiuta la chemio e cura il tumore con dieta e clisteri di caffè: muore donna di Conegliano

CONEGLIANO. Una malattia crudele curata con una terapia priva di fondamento scientifico. Un caso destinato a far discutere. Follina ha detto addio nei giorni scorsi alla baronessa Gemma Pin, 67enne, pensionata, ex fisioterapista, donna anticonformista ed amante della vita, che si è spenta il primo marzo.
Tenace, come la raccontano la nuora Dejana e l’amato marito Antonio Titton, Gemma ha sempre vissuto seguendo i propri ideali e combattendo, anche controcorrente, sempre coerente con se stessa, fino agli ultimi giorni di vita. È il giugno del 2017 quando, dopo un periodo di continui ed interminabili dolori ed un susseguirsi di esami specialistici e controlli medici, alla baronessa Pin vengono diagnosticati più di dieci tumori ossei, già in fase di metastasti. I medici del dipartimento di Oncologia di Vittorio Veneto, in seguito alla triste diagnosi, prescrivono una cura standard a base di sedute di chemioterapia, pur mettendo subito in chiaro che le speranze di guarigione sono davvero poche.
La signora Gemma, ritenendo il trattamento propostole contro i propri ideali e la propria filosofia di vita, rifiuta la chemioterapia che vede come un invasivo accanimento terapeutico. Assieme alla famiglia, sempre vicina e con l'intento di non volersi rassegnare, vengono valutati metodi di cura alternativi, ed entra così a contatto con il cosiddetto metodo “Gerson” (nome derivante da Max Gerson, medico tedesco vissuto a cavallo del '900, creatore del trattamento), una terapia nutrizionale, non riconosciuta dalla medicina ufficiale, e anzi fortemente contestata dalla scienza, basata su accorgimenti dietetici naturali e clisteri al caffè con cui disintossicare il corpo dalle cellule malate.
Gemma, con l'appoggio di chi le sta vicino, seguita da Alessandro Nicolosi, primo medico italiano che proprio presso il "Gerson Institute" in California sta ultimando il secondo modulo di formazione per questa terapia, inizia un percorso di cure che dopo il primo mese di trattamento, tra integratori di frutta fresca e sedute di ozonoterapia, sembrava dare risultati inizialmente positivi. «Gemma sembrava stare molto meglio: stava addirittura riprendendo peso» spiega la nuora Dejana.
Una situazione che andava costantemente monitorata, per cui Gemma Pin si sottoponeva regolarmente, come da sistema "Gerson", a degli esami del sangue specifici, con cui verificare e di conseguenza, sotto l'occhio di Nicolosi, andare ad integrare la terapia degli elementi che risultavano carenti dai parametri ematici. Un metodo di cura che però, con il tempo, ha visto lo stesso aumentare le dimensioni delle cellule tumorali. Il medico curante le propone quindi un'ulteriore soluzione: delle iniezioni di vitamina C per via endovenosa, pratica che però Gemma non può sostenere per via della fragilità delle proprie vene.
«Un ultimo tentativo - raccontano i familiari - secondo il dottor Nicolosi, si sarebbe potuto effettuare cercando di rimuovere la materia maligna mediante un intervento chirurgico. Percorso che avrebbe però reso necessario la disponibilità di un medico disposto a procedere secondo questa via non conforme alla medicina tradizionale, per cui andata in alto mare sul nascere».
Gemma, non potendo più lottare, passa le ultime settimana attorniata dalla famiglia, che non le ha mai fatto mancare l'amore ed il sostegno, seguita anche dal team del dottor Cosimo De Chirico, responsabile dell'unità di cure palliative dell'Usl 2. Rifiuto della chemioterapia e scelta di un metodo di cura non riconosciuto dalla medicina ufficiale, che può regalare anche false speranze, sono però destinati a far discutere.
Riccardo Mazzero
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