«Ricevevo fino a sei clienti al giorno»

Non sfruttatrice ma benefattrice. È l’immagine della maitresse trevigiana Bruna Zandonà, 64 anni, emersa dalla testimonianza di una delle ragazze che si prostituivano nell’appartamento a luci rosse di via Sant’Agostino, in centro a Treviso. Nel bordello, durante il giorno, lavoravano tre squillo che, ogni due settimane, venivano sostituite da altrettante colleghe (erano una ventina in tutto), per mantenere l’interesse dei clienti.
La giovane ha praticamente preso le difese dell’imputata, accusata di sfruttamento della prostituzione, sostenendo di essere stata lei stessa, in un momento di difficoltà, non solo economica, a chiedere prima ospitalità in casa della Zandonà e poi di prostituirsi per guadagnare soldi «veloci». Niente droghe e preservativo obbligatorio per ogni tipo di prestazione erano, inoltre, i due imperativi categorici della maitresse.
La donna, B.S., ha raccontato di aver incontrato Bruna Zandonà in un locale di Treviso: «Mi ha subito colpito perché era una persona stravagante: nonostante l’età si vestiva da giovane. Quello era per me un periodo molto duro: ero perseguitata da un uomo che mi pedinava e piantonava la mia casa. Per questo le chiesi ospitalità. Bruna è stata gentile e sensibile. Se non fosse stato per lei sarei stata una delle tante vittime di femminicidio. Poi, dal momento che ero anche in difficoltà economica e vedendo che quelli erano soldi veloci da guadagnare, le chiesi di poter esercitare anch’io. Quanto guadagnavo? Dai 100 ai 150 euro a prestazione. In media ricevevo cinque o al massimo sei clienti al giorno. Qualche volta, in cambio dell’ospitalità davo a Bruna una percentuale sull’incasso tra il 30 ed il 50 per cento».
Durante la sua testimonianza, B.S. ha più volte ripetuto di non essere mai stata costretta dall’imputata a prostituirsi. Imponeva soltanto due regole rigorose: «Bruna mi diceva sempre: “Se scopro che lo fai senza preservativo, ti mando via”. E pure sull’uso di droghe non si poteva sgarrare».
Quello di ieri doveva essere il giorno delle testimonianze dei clienti eccellenti del bordello a luci rosse di via Sant’Agostino. Ed invece di trevigiani vip non s’è vista l’ombra. Cinque i clienti sentiti, tra l’altro alla media di un minuto ciascuno, perché il pubblico ministero Yuri De Biasi e l’avvocato Stefano Pietrobon, legale dell’imputata, si sono accordati per depositare agli atti i verbali delle testimonianze rese durante le indagini. Un trentacinquenne di Villorba ha ammesso di essere un frequentatore del bordello gestito dall’imputata: «Ci andavo saltuariamente perché non mi potevo permettere di pagare con regolarità quelle cifre».
Un quarantenne di Quinto ha invece detto di essere venuto a conoscenza del bordello leggendo un annuncio pubblicitario su un giornale: «Ho chiamato il numero indicato sull’inserzione ed una donna mi ha detto come raggiungere il luogo e dove suonare».
Un quarantottenne di Treviso ha sottolineato l’obbligatorietà dell’uso del profilattico. Simili le testimonianze rese da due quarantenni, uno di Paese ed uno di Cessalto. Tra i testimoni c’era anche il capitano dei carabinieri Nicola Darida che ha illustrato in aula l’attività investigativa dei militari dell’Arma. L’inchiesta era nata da un servizio della trasmissione televisiva di Italia 1 «Le Iene» effettuato il 9 aprile 2010 e trasmesso nella puntata del 14 aprile. L’impulso alle Iene fu dato da una delle ragazze per una sorta di vendetta contro la maitresse per non essere stata pagata secondo i patti. Durante l’udienza è stato trasmesso anche il video della puntata, durato una decina di minuti. L’inchiesta aveva coinvolto anche un agente di polizia, accusato (e poi assolto) di aver coperto il giro di prostituzione. Il processo prosegue l’11 febbraio.
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