Re delle truffe scarcerato Mascolo: «Ho sbagliato»

Il giudice Angelo Mascolo finisce nel mirino di Gulio Golia della trasmissione “Le Iene” per la scarcerazione di Stefano Ramunni, meglio noto come il “re delle truffe”. «Pensavo mettessero la testa a posto, chi sono io per giudicare?». «Come chi è, lei è un giudice!», gli ha risposto Golia. «Va bene, i fatti dimostrano che ho sbagliato, ho dato fiducia a chi non lo meritava».
Il mea culpa del giudice Mascolo arriva durante l’incontro tra il magistrato e l’inviato della trasmissione di Italia 1, che è andato in scena nella zona di piazza Trentin. Golia ha atteso che il giudice uscisse di casa per avvicinarlo e parlare del caso Ramunni. Com’è noto, infatti, le Iene da giorni si stanno interessando al caso di Stefano Ramunni, il cosiddetto “re delle truffe”, scarcerato proprio dal giudice trevigiano lo scorso 20 aprile assieme ad un suo complice. I due, dopo essere usciti dal carcere di Santa Bona, hanno ricominciato a compiere raggiri, rubando l’identità di persone anche illustri quali il deputato veneziano del Movimento 5 Stelle Alvise Maniero. Di quest’ultimo, nel giro di tre giorni, sono riusciti a falsificare una carta d’identità e con quella si sono presentati in un negozio di telefonia di Genova nel tentativo di modificare il programma tariffario della compagnia telefonica del parlamentare aggiungendo un numero telefonico in loro uso per accreditare così a Maniero le loro spese telefoniche. Ma non ci sono riusciti perché Maniero s’è subito accorto che qualcosa non andava ed ha denunciato il fatto ai carabinieri. Ramunni ed il suo socio, Giovanni Chiaramonte, sono stati poi raggiunti a Genova dalle Iene ed intervistati prima di tornare di nuovo in galera.
Nel corso del lungo servizio Golia ricostruisce tutte le vicende che hanno visto Mascolo protagonista negli ultimi mesi: dalle affermazioni sull’assenza dello Stato alla scarcerazione di due finanzieri accusati di corruzione. E per quest’ultima vicenda, rivela Mascolo, «sono già stato condannato e sanzionato disciplinarmente dal Consiglio superiore della magistratura». E tornando alla scarcerazione del “re della truffa”, il magistrato ammette di aver sbagliato («pensavo che avrebbero messo la testa a posto»). «Avevano già fatto un periodo di carcerazione», ha poi aggiunto Mascolo, «e ho pensato che farli presentare tutti i giorni dai carabinieri sarebbe stato un deterrente. Avevano detto che il loro domicilio era a Milano, poi però non era vero».
Ramunni era stato fermato a fine gennaio dai carabinieri, dopo che aveva esibito una carta di identità del Vaticano, con tanto di immunità diplomatica: un po' troppo, anche per un genio della truffa come lui. Il cinquantaquattrenne barese di Castellana Grotte, senza fissa dimora, ha una sfilza di precedenti lunga almeno ventisei pagine, datosi per morto 52 volte per sfuggire alla giustizia, falsificando pure l'attestazione del suo avvocato. Tutto immaginavano i carabinieri di Vedelago meno che di trovarsi davanti a due signori della truffa. Con Ramunni c’era Giovanni Chiaramonte, 25 anni, di Taranto ma residente a Spello: anche lui aveva esibito il documento vaticano ovviamente falso che in qualche modo lo apparenteva a Ramunni: stesso cognome, Ramunni appunto, ma nomi di fantasia. Se Chiaramonte era indicato come funzionario, il suo capo aveva scelto la professione di medico, già esibita in altre delle sue molteplici truffe.
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