Rappresentante di abbigliamento licenziato stermina la famiglia e si suicida

Dramma a Collegno in provincia di Torino. Un 56enne uccide, suocera, moglie e figlia. Poi si uccide
Daniele Garattini, l'uomo che ha ammazzato moglie, figlia e suocera prima di suicidarsi a Torino, 31 dicembre 2013. ANSA/DI MARCO
Daniele Garattini, l'uomo che ha ammazzato moglie, figlia e suocera prima di suicidarsi a Torino, 31 dicembre 2013. ANSA/DI MARCO

Depresso per la perdita del lavoro, stermina la famiglia. È successo nel primo pomeriggio di oggi a Collegno, in provincia di Torino, dove un rappresentante di commercio, Daniele Garattini, 56 anni, ha ucciso l'anziana suocera, la moglie e la figlia prima di puntare la pistola contro sè stesso. Le prime indiscrezioni accreditavano l’omicida-suicida fino a tre mesi fa alle dipendenze della Benetton. Ma la Benetton Group precisa: "Nell’esprimere il più profondo rispetto per le vittime del tragico atto di omicidio-suicidio avvenuto a Collegno e le loro famiglie, Benetton Group precisa che il signor Garattini non era dipendente del gruppo, bensì di una agenzia di rappresentanza indipendente".

«Venite, ho ucciso tutti: sono impazzito», sono queste le parole che Garattini ha detto ai carabinieri prima di lasciare loro la porta di casa socchiusa e di suicidarsi. Dieci minuti di follia sono bastati ad un uomo imèpegnato nel sociale e descritto dagli amici come «mite e per bene», per sterminare tutta la sua famiglia. L'uomo ha sparato per prima alla suocera, Daria Maccari, 84 anni, mentre dormiva sul divano del soggiorno. Poi ha inseguito la moglie, Letizia Maggio, 54 anni, e la figlia, Giulia, studentessa di 21 anni appena, in cucina, le borse della spesa per il cenone di Capodanno ancora sul pavimento. Le due donne hanno cercato di proteggersi a vicenda: sono morte una accanto all'altra, colpite da cinque proiettili. Il sesto proiettile, Garattini l’ha riservato a sè stesso. Ma non è bastato: sopravvissuto ha usato un coltello per farla finita. Un amico dell’omicida-suicida lo ricorda così: «L’ho incontrato l’ultima volta dieci giorni fa e mi ha confidato la sua sofferenza per aver perso il lavoro. Per quelli come me che lo conoscevano ormai da qualche anno era un ottimo padre di famiglia ed era inimmaginabile tanto quello che è successo quanto il fatto che detenesse in casa una pistola».

Maggiori dettagli sulla Tribuna in edicola il 2 gennaio.

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