Quei 76 giorni di prigionia nella roulotte degli Adami

MONTEBELLUNA. La piccola roulotte bianca è ancora lì, appena al di fuori del capannone ormai diroccato. Era quella la prigione in cui era rimasta incatenata per 76 giorni Maria Berica Marchiorello, l’imprenditrice vicentina morta a 63 anni e di cui si sono svolti ieri pomeriggio i funerali a Bassano. Da lì l’avevano liberata l’8 marzo1983 i carabinieri di Vicenza, che avevano individuato il luogo dove veniva tenuta prigioniera e l’avevano liberata con un blitz. Siamo in via Maglio, periferia sud di Montebelluna, in mezzo i campi tra le frazioni di Guarda e San Gaetano.
Lì c’è la grande casa dove abitava la famiglia Adami: marito, moglie e il figlio, tutti e tre deceduti da tempo, quella casa dove, in anni successivi al sequestro, era stato aperto un agriturismo: “Al puner”, che ora non c’è più. E a sud della grande casa, inoltrandosi tra i campi, c’erano in fila alcuni capannoni, un paio affittati a un calzaturificio, un paio vuoti: in uno di questi, adibito come copertura a fienile, c’era la prigione di Maria Berica Marchiorello. In fondo al capannone c’erano accatastate delle balle di fieno e all’interno di questa catasta c’era la piccola roulotte bianca dove veniva tenuta prigioniera l’imprenditrice, che all’epoca del sequestro aveva 28 anni.
Di quel capannone è rimasto ora in piedi ben poco: i muri perimetrali, gli inframmezzi, le colonne interne. E appena fuori dal capannone c’è ancora la piccola roulotte che era la prigione di Maria Berica Marchiorello. È lì abbandonata da 35 anni, il vetro rotto, la portiera spalancata, nel fondo si scorge ancora il giaciglio dove era legata la donna, la piccola cucina, un frigo. Ormai è un rottame anche la roulotte-prigione, ma conserva ancora i segni della funzione che aveva avuto 35 anni prima. Era stata una banda di giostrai a sequestrare il 21 dicembre 1982 l’imprenditrice, figlia del capitano d’industria e banchiere Dino. Era il periodo nero dei sequestri nel Triveneto, dove agivano le bande dei giostrai che avevano tratto esempio dall’anonima sarda. I coniugi Adami, famiglia storica di Montebelluna, lontani parenti anche dell’allora sindaco Francesco Adami, erano in pratica i carcerieri-vivandieri. A loro il compito di dar da mangiare alla donna tenuta prigioniera in quella piccola roulotte in mezzo alle balle di fieno in un capannone di loro proprietà, ricompensati per questo loro ruolo, durato 76 giorni, dalla banda dei sequestratori.
Era stata un’intercettazione telefonica a mettere gli inquirenti sulla strada giusta. I telefonisti avevano chiamato la famiglia da una cabina a Castelfranco per concordare il riscatto. Gli inquirenti erano risaliti al luogo della prigione e un tardo pomeriggio nei campi lungo via Maglio erano arrivati i carabinieri delle compagnie di Bassano e Vicenza. E oltre a liberare Maria Berica Marchiorello avevano arrestato marito, moglie e figlio. Poi il figlio Luigi era stato rimesso in libertà perché i genitori lo avevano scagionato: avevano detto che il figlio era all’oscuro di tutto e si erano attribuiti in tutto e per tutto il ruolo di carcerieri-vivandieri.
I protagonisti montebellunesi di quella vicenda di cronaca nera non ci sono più ed è deceduta anche la vittima, di cui si sono celebrati ieri i funerali a Bassano. Rimane in via Maglio la vecchia roulotte bianca che era stata la sua prigione.
Enzo Favero
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