Quattromila attrezzi raccontano chi eravamo La collezione di Augusto è un museo del lavoro

la storia
È un dipanarsi della storia all’indietro quella che ha raccolto Augusto Girotto, 72 anni, residenza in via Caberlotto nella frazione di Guarda, dove ha messo assieme oltre quattromila oggetti che raccontano la storia contadina e artigianale di oltre due secoli. Tanto materiale meriterebbe di diventare un museo etnografico, ma per ora è collocato in un rustico davanti casa e sotto il porticato.
Tradizione di famiglia
Una passione, quella di Augusto Girotto, iniziata mettendo da parte gli attrezzi di papà Cirillo (classe 1911) e di nonno Girolamo (classe 1882) e poi girando per cascine e mercatini per completare la sua invidiabile collezione. E il museo? «Ne avevo parlato a suo tempo con l’ex assessore alla cultura Lucio De Bortoli – ricorda Augusto – ma era necessario individuare un sito che non è stato ancora individuato». Una collezione che racconta la storia del Veneto rurale per ora preclusa anche alle scolaresche. «Per poter far vedere alle scolaresche la mia collezione dovrei stipulare una assicurazione – spiega lui – Gli attrezzi sono tutti assicurati, ma avrei dovuto fare una assicurazione anche per i visitatori e allora non posso far venire delle classi in visita». Tanti oggetti che oggi sembrano strani ma un tempo erano di uso comune e frutto spesso dell’inventiva contadina e artigianale.
Ferri del mestiere
C’è la bicicletta con delle gabbie collocate davanti e dietro: era quella dell’ambulante che andava per le case a vendere polli. C’è anche la valigetta con i ferri del mestiere del barbiere a domicilio, perché un tempo nelle zone di campagna non c’era i saloni da parrucchiere. Chi tra i giovani poi oggi sa poi cosa è un “moschet”, quella specie di scatola con una retina fittissima? È l’antenato del frigorifero, lì si metteva ad esempio il burro per preservarlo dalle mosche. È un viaggio affascinante in quella che era la civiltà rurale, dove il contadino spesso era anche fabbro e falegname: ci sono una delle prime diraspatrici, torchi di tre tipi, macchinari per macerare le mele e fare il sidro, trapani a colonna del 1700 e di fine Ottocento, lampade a candela, a carburo, ad olio. C’è la “crigola” dove si mettevano le chiocce, poco più in là la colombaia, e poi attrezzi per fare il burro, per tagliare le canne.
Vita nei campi
Il viaggio continua tra attrezzi per tagliare a fette le bietole, rastrelli per girare la paglia, una raspa per le piante da frutto, c’è pure l’arricciacorni per i vitelli, una zucca da usare come borraccia, si trovano alambicchi per il latte, giberne da trasporto, gerle, secchi, tutta l’attrezzatura del “caregheta”. C’è poi uno strano oggetto di legno ovale: si metteva sul letto quando si poneva lo scaldaletti per evitare di bruciare le coperte. C’è anche il “rampegon”, un attrezzo con degli uncini per recuperare secchi caduti nel pozzo. A un muro sono appese tante gabbiette, di varia foggia: «Le ha costruite a mano mio padre – racconta Augusto Girotto – aveva la passione per i canarini e per le quaglie e aveva fatto lui stesso le gabbiette dove tenerli». La raccolta continua con una serie di falcetti di varie misure, uno piccolo anche per le piante officinali, badili per la semina. All’interno, tra alcuni trattori, anche dei vecchi carri agricoli in legno. «Uno, pesantissimo, ha 200 anni – racconta lui – c’era già quando mio nonno era piccolo e mi è stato detto di tenerlo perché è antico».
Non è finita
Una collezione maturata in 50 anni quella di Augusto Girotto, partendo dagli attrezzi che aveva in casa e proseguita trovandone altri nelle case contadine e nei mercatini, anche lontani. È completa ora? «Mi mancano ancora alcuni pezzi per poterla definire tale – spiega Augusto Girotto – ma confido di trovarli prima o poi». —
Enzo Favero
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