Punti nascita in provincia di Treviso: «Nella Marca tre strutture al di sotto degli standard»

Anche Vittorio e Castelfranco non rispetterebbero appieno i livelli di assistenza. Non possono garantire insieme ginecologo, neonatologo e anestesista

TREVISO. Pochi parti significa parti meno sicuri. Lo denunciano i medici dell’Anaao e gli esperti dell’Associazione Ostetrici Ginecologici ospedalieri che chiedono alla sanità trevigiana di avviare una discussione sui sei punti nascita operativi nella Marca. Tre di questi: Vittorio Veneto, Oderzo e Castelfranco a detta degli esperti non rispetterebbero appieno gli standard di assistenza a mamme e nascituri. «Esistono strutture poco efficienti e la politica non ha le idee chiare al riguardo perché segue logiche basate sul consenso invece che sulla scienza» dice il ginecologo Giuseppe Dal Pozzo, storico primario del Ca’ Foncello, ora consigliere dell’Ordine dei Medici, con un’esperienza di oltre 20 mila procedure in sala parto. .

PUNTI NASCITA. Il tema della sicurezza materno-infantile torna sotto i riflettori dopo che una giovane mamma di 34 anni, Francesca Schirinzi, è morta quattro ore dopo aver dato alla luce il suo bambino all’ospedale di Oderzo. La donna è stata colpita da tre infarti e da una forte emorragia. I dubbi del dottor Dal Pozzo poggiano su dati precisi: secondo il Ministero della Salute i reparti che effettuano meno di 500 parti l’anno andrebbero chiusi, ancora più severa l’indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che considera mille parti/anno la soglia minima per offrire un servizio adeguato. Attualmente a rispettare queste indicazioni sono gli ospedali di Treviso con oltre 2. 500 procedure l’anno, Conegliano con circa 1.500 prestazioni e Montebelluna con 1.200 interventi. Sotto il tetto dei 1.000 parti si collocano Oderzo, Castelfranco e Vittorio Veneto, quest’ultimo nella situazione più difficile con appena 450 parti annuali con chiusura estiva per le ferie del personale.

L'ALLARME. «Questi numeri dovrebbero far suonare un campanello d’allarme» aggiunge Dal Pozzo «quando un reparto non raggiunge le 500 procedure annue significa che gli operatori che vi lavorano seguono circa un parto a settimana. Troppo poco per maturare un’esperienza adeguata». In caso di complicanze la preparazione teorica del personale può non bastare.

«Sette donne su 10 potrebbero partorire ovunque senza problemi, ma nei restanti tre casi l’esperienza sul campo permette di fare la differenza nel vedere il piccolo segnale di pericolo, saperlo interpretare e agire in maniera tempestiva e risolutiva. L’esercizio è possibile solo nei reparti dove l’attività è più intensa» aggiunge Dal Pozzo.

Se da una parte la gestione del rischio clinico migliora in base alla casistica che ogni operatore riesce ad affrontare in corsia, un altro aspetto chiave per il buon funzionamento di un reparto riguarda la presenza di adeguate dotazioni organiche e tecnologiche. «Un punto nascita sicuro deve disporre di una Patologia Neonatale e della Terapia Intensiva e deve avere a disposizione h24 un ginecologo, un neonatologo e un anestesista che devono essere sempre presenti in contemporanea».

L'ASSISTENZA. «Gli ospedali di Treviso, Conegliano e Montebelluna sono in grado di garantire questo assetto, mentre Oderzo, Vittorio e Castelfranco non sempre possono a disporre dei tre professionisti insieme». Il ricorso alle reperibilità o ai ginecologi a gettone sta diventando la risposta alla cronica carenza di medici, generando dei pericolosi automatismi che abbassano la qualità dei servizi offerti, secondo l’Anaao. Sta di fatto che le schede ospedaliere pubblicate ieri dalla Regione non prevedono aggiustamenti per le Aree Materno Infantili dell’Usl 2.

«C’è stata una tragica fatalità a Oderzo ma le mamme che partoriscono lì non corrono rischi, e anche a Vittorio Veneto vengono seguiti protocolli chiari e precisi che rispettiamo. Quando insorge il minimo problema le partorienti vengono dirottate altrove» sottolinea il dg Francesco Benazzi. Ma il ginecologo Dal Pozzo non ha dubbi: «Alle future mamme consiglio di scegliere un punto nascita capace di fornire il massimo dell’assistenza.

Porto l’esempio di Treviso dove la Ginecologia lavora a braccetto con rianimatori, anestesisti, cardiologo, centro trasfusionale e le specialità cardio e neurochirurgiche in caso di complicanze in fase di parto. Facendo 2. 500 parti l’anno l’approccio sarà magari più “sbrigativo” ma dà maggiori garanzie». 

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