Profughi all'hotel Carletto, Il sindaco di Treviso insorge: «Fatto inaccettabile»

Telefonata rovente fra sindaco e prefetto: «Questa non è accoglienza diffusa» Il 70 per cento degli stranieri è sistemato a Treviso, Casier e Vittorio Veneto
Zago agenzia foto film treviso sindaco manildo in redazione
Zago agenzia foto film treviso sindaco manildo in redazione

TREVISO. «Non esiste. Non esiste proprio». Il sindaco Giovanni Manildo non sapeva nulla. Come tutti, o quasi. E quando riceve in tarda mattinata la notizia del progetto profughi all’ex Carletto, sale subito sulle barricate. Era a casa con la febbre, ma la «bomba» ex Carletto si rivela il miglior antibiotico: in pochi minuti, non solo metaforicamente, il sindaco si pone di traverso. Nettamente.

«Non ci siamo proprio, qui qualcuno non ha capito o non vuol capire», continua Manildo, da noi raggiunto dopo l’apertura delle buste, «la proposta è semplicemente inaccettabile nel merito e nel modo». E spiega: «Nel merito perché non è questa l’accoglienza diffusa, Treviso ha dato e sta dando, gli spazi vanno cercati altrove, nel resto della provincia. Lo dico chiaramente: basta con il business della grandi realtà negli stessi posti e negli stessi comuni. Un conto è l’emergenza cui si deve far fronte subito, un contro la programmazione di un’accoglienza capillare su tutto il territorio, in maniera equa».

E po il modo: «Non mi è arrivata nessuna richiesta preventiva, nessuna comunicazione: è gravissimo, di fronte a un simile progetto, non coinvolgere l’amministrazione, vuol dire che non c’è rispetto per il territorio».

Manildo avrebbe avuto un immediato colloquio con il prefetto Laura Lega, e un altro con i vertici della Nova Marghera. Non diplomatici.

È gelo con Nova Marghera, ma anche con la Prefettura rischia di incrinarsi la linea di assunzione di responsabilità.

Il sindaco, è chiaro, invoca lo stop immediato al progetto ex Carletto, che «pesa» sulla città ben al di là degli stessi rilevanti numeri.

Solo poche settimane fa Manildo, con i colleghi Miriam Giuriati (Casier) e Roberto Tonon (Vittorio Veneto), si era recato a Roma dal governo, accompagnato dal prefetto Lega, e non era emerso nulla. I tre sindaci avevano rivendicato una distribuzione più equa e omogenea sul territorio delle Marca, anche nei comuni leghisti, e contropartite, ovvero risorse in più per quei comuni che aprono le porte. E non era emerso nulla: lo sapevano solo Nova Marghera e Cps?

L’ira di Manildo è legata alle cifre dell’accoglienza nella Marca: non più di i 40 i comuni dove sono alloggiati i profughi: Castellana, Pedemontana e Sinistra Piave ne hanno pochissimi, come l’Opitergino Mottense fino a pochi settimane fa. Sin dal suo insediamento il prefetto Lega aveva posto come inderogabile l’accoglienza diffusa, confidando nell’appeal dei fondi europei per le associazioni e il volontariato trevigiano. Ma si era subito scontrata con il muro dei comuni leghisti, obbedienti al diktat del segretario provinciale Dimitri Coin . E oggi, a un anno e mezzo dall’arrivo dei primi profughi, e un anno dal caso Quinto (la rivolta che aveva fatto aprire d’urgenza le ex Serena), la situazione è quella di un ’accoglienza concentrata, anzi concentratissima.

Treviso, Casier e Vittorio Veneto, tutti governati dal giunte di centrosinistra, accolgono – fra caserme, centri, appartamenti, ex alberghi e altre strutture collettive – quasi il 60% dei profughi ospitati nella Marca. Ma con i nuovi scenari aperti dalle buste di ieri, i tre comuni potrebbero trovarsi presto a ospitare quasi il 70% di tutti i migranti trevigiani. Aggiungiamoci i profughi di Oderzo all’ex Zanusso. Gli altri 92 comuni ospitano di fatto un terzo dei profughi, oggi, e presto potrebbero ritrovarsi ad averne meno del 30%, o giù di lì.

Accoglienza diffusa? Una chimera. Vale per 300 profughi, non di più. Meno di un quinto del totale.

 

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