Profughi all'hotel Carletto, Il sindaco di Treviso insorge: «Fatto inaccettabile»

TREVISO. «Non esiste. Non esiste proprio». Il sindaco Giovanni Manildo non sapeva nulla. Come tutti, o quasi. E quando riceve in tarda mattinata la notizia del progetto profughi all’ex Carletto, sale subito sulle barricate. Era a casa con la febbre, ma la «bomba» ex Carletto si rivela il miglior antibiotico: in pochi minuti, non solo metaforicamente, il sindaco si pone di traverso. Nettamente.
«Non ci siamo proprio, qui qualcuno non ha capito o non vuol capire», continua Manildo, da noi raggiunto dopo l’apertura delle buste, «la proposta è semplicemente inaccettabile nel merito e nel modo». E spiega: «Nel merito perché non è questa l’accoglienza diffusa, Treviso ha dato e sta dando, gli spazi vanno cercati altrove, nel resto della provincia. Lo dico chiaramente: basta con il business della grandi realtà negli stessi posti e negli stessi comuni. Un conto è l’emergenza cui si deve far fronte subito, un contro la programmazione di un’accoglienza capillare su tutto il territorio, in maniera equa».
E po il modo: «Non mi è arrivata nessuna richiesta preventiva, nessuna comunicazione: è gravissimo, di fronte a un simile progetto, non coinvolgere l’amministrazione, vuol dire che non c’è rispetto per il territorio».
Manildo avrebbe avuto un immediato colloquio con il prefetto Laura Lega, e un altro con i vertici della Nova Marghera. Non diplomatici.
È gelo con Nova Marghera, ma anche con la Prefettura rischia di incrinarsi la linea di assunzione di responsabilità.
Il sindaco, è chiaro, invoca lo stop immediato al progetto ex Carletto, che «pesa» sulla città ben al di là degli stessi rilevanti numeri.
Solo poche settimane fa Manildo, con i colleghi Miriam Giuriati (Casier) e Roberto Tonon (Vittorio Veneto), si era recato a Roma dal governo, accompagnato dal prefetto Lega, e non era emerso nulla. I tre sindaci avevano rivendicato una distribuzione più equa e omogenea sul territorio delle Marca, anche nei comuni leghisti, e contropartite, ovvero risorse in più per quei comuni che aprono le porte. E non era emerso nulla: lo sapevano solo Nova Marghera e Cps?
L’ira di Manildo è legata alle cifre dell’accoglienza nella Marca: non più di i 40 i comuni dove sono alloggiati i profughi: Castellana, Pedemontana e Sinistra Piave ne hanno pochissimi, come l’Opitergino Mottense fino a pochi settimane fa. Sin dal suo insediamento il prefetto Lega aveva posto come inderogabile l’accoglienza diffusa, confidando nell’appeal dei fondi europei per le associazioni e il volontariato trevigiano. Ma si era subito scontrata con il muro dei comuni leghisti, obbedienti al diktat del segretario provinciale Dimitri Coin . E oggi, a un anno e mezzo dall’arrivo dei primi profughi, e un anno dal caso Quinto (la rivolta che aveva fatto aprire d’urgenza le ex Serena), la situazione è quella di un ’accoglienza concentrata, anzi concentratissima.
Treviso, Casier e Vittorio Veneto, tutti governati dal giunte di centrosinistra, accolgono – fra caserme, centri, appartamenti, ex alberghi e altre strutture collettive – quasi il 60% dei profughi ospitati nella Marca. Ma con i nuovi scenari aperti dalle buste di ieri, i tre comuni potrebbero trovarsi presto a ospitare quasi il 70% di tutti i migranti trevigiani. Aggiungiamoci i profughi di Oderzo all’ex Zanusso. Gli altri 92 comuni ospitano di fatto un terzo dei profughi, oggi, e presto potrebbero ritrovarsi ad averne meno del 30%, o giù di lì.
Accoglienza diffusa? Una chimera. Vale per 300 profughi, non di più. Meno di un quinto del totale.
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