Presta i soldi della parrocchia: nei guai

Don Fabrizio ha aiutato con 120 mila euro una famiglia vessata dagli usurai. Soldi mai restituiti, lui chiede scusa e lascia
Di Francesco Dal Mas
Borghesi Vittorio Veneto via del lavoro omicidio suicidio don Fabrizio Mariani
Borghesi Vittorio Veneto via del lavoro omicidio suicidio don Fabrizio Mariani

VITTORIO VENETO.   Può un prete sbagliare? «Sì, perché è un uomo», rispondeva don Fabrizio Mariani, prima di lasciare la comunità dei Santi Pietro e Paolo, una delle principali della città. L’ex parroco non solo ha trovato il coraggio di ammetterlo in pubblico, ma anche di chiedere scusa e di accogliere l’invito del vescovo a ritirarsi. Prete dal cuore sensibile e generoso, nei mesi scorsi don Mariani ha aiutato una famiglia in difficoltà, padre, madre e tre figli in tenera età, catturati nelle morse degli usurai. 

Sarebbe venuto loro incontro con un prestito  iniziale che poi è aumentato fino a raggiungere la cifra di  circa 120 mila euro. Prestito che sarebbe dovuto rientrare, ma non è avvenuto.

Angosciato per la situazione, Don Fabrizio ha fatto un passo indietro  ed è stato sostituito, nei giorni scorsi, da don Mosè Furlan, come amministratore parrocchiale, un prete conosciuto ed apprezzato come uno dei più saggi e sensibili della diocesi. In comunità non si parla d’altro, ormai da qualche tempo, non si nasconde il disagio perché il sacerdote non ha consultato il consiglio degli affari economici come è prassi doverosa. Taluni azzardano le piu' strane illazioni.

Fa specie il comportamento di don Fabrizio perché è sempre stato un prete aperto. Aperto tal punto da fondare perfino una televisione, insieme ai suoi ragazzi, per trasmettere la vita della parrocchia, e a finire sotto processo per questione di permessi.

Una vicenda da cui il sacerdote è uscito a testa alta. In quest’ultimo caso, invece, ha dovuto piegarsi all’ineluttabilità degli eventi.

Ma lui stesso ha cercato di fare chiarezza. Ancora a Pasqua scriveva nel foglio parrocchiale che si augurava tempi rapidi per la restituzione di quel fondo?

Certamente, e sono il primo ad ammetterlo - aggiungeva - questo ha creato notevoli difficoltà sul piano economico della nostra parrocchia. Non lo nego e me ne assumo la responsabilità.

La parrocchia di don Fabrizio, una delle più giovani della diocesi, con illustri precedenti come parroci, da mons. Pietro Mazzarotto a mons. Ovidio Poletto, successivamente vescovo di Concordia-Pordenone, è anche tra le più vivaci sul piano pastorale.

Ecco, allora, che a Pasqua l’allora parroco si trovava a fare considerazioni amare sulle indiscrezioni che al tempo si rincorrevano.

Un prete viene capito «come uomo che può sbagliare», se ha una donna, se ha un figlio, se si propone come un manager, un trafficone, se ha un’auto di grossa cilindrata, se ha un tenore di vita alto, magari con una colf, ma non è affatto compreso se fa una leggerezza con i soldi. Non importa neppure se fa bene il prete, se si prende puntualmente cura delle anime, se solidarizza con le famiglie in difficoltà e con chi vive i problemi del lavoro.

L’importante è che sia efficiente nella gestione finanziaria; solo questo importa, commentava amaramente don Mariani.  «Quanto più una parrocchia è efficiente sul piano dell’immagine e della situazione economica, tanto più – rifletteva problematicamente don Fabrizio – è una parrocchia modello (oggi si dice pilota), e sarà per questo che la nostra di anti Pietro e Paolo, pur avendo due patroni dalla portata gigante, è entrata in crisi». In crisi con tutte le congetture del caso, che lo stesso parroco rigettava.

«Dubbi, interrogativi, perplessità, voglia di mollare, sospetti, insinuazioni e piccine cattiverie nei confronti del parroco. Permettetemi di citarne alcune – scriveva don Fabrizio ai suoi parrocchiani – di quelle che forse sono giunte anche ai vostri orecchi ha perso i soldi giocando con le macchinette del casinò, ha sbagliato un investimento in borsa dilapidando il patrimonio della parrocchia, sta subendo ricatti di carattere mafioso o a sfondo sessuale. Non ho ancora sentito, per fortuna, parlare di un mio coinvolgimento in un traffico di droga».

Poi la confessione di quell’aiuto azzardato. E adesso la vicinanza ad un uomo che ha sbagliato, per sua stessa ammissione, e che soffre. La comunità dii Santi Pietro e Paolo saprà capire e perdonare? Il parroco ha agito non per sè, ma per aiutare gli altri, forse compiendo un errore di calcolo, ma non di generosità.

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