«Ora una moschea a Treviso»

TREVISO. «Credo che sia giunto il momento di iniziare a pensare a una moschea anche per Treviso. Un luogo di culto rispettoso e ufficialmente riconosciuto. Questo sarebbe un segno di coraggio e di capacità di accogliere da parte della città. Spero che, con il sindaco Giovanni Manildo, sia la volta buona». Kounti Abderrahmane, referente della comunità islamica di Treviso, ne è convinto, i tempi sono maturi per costruire un luogo di culto nel capoluogo trevigiano. L'auspicio è stato reso noto ieri, in occasione della festa di fine Ramadan.
Al momento, in Italia, le moschee ufficiali sono tre e si trovano a Roma, Milano Segrate e Colle Val d'Elsa. Sulla possibilità che il numero si aggiorni a quattro, e che la prossima moschea possa essere costruita a Treviso, Abderrahmane si dimostra fiducioso. «Siamo una grande comunità, ben integrata, è da vent'anni che viviamo stabilmente qui» sottolinea il referente «ormai molti musulmani abitano in Italia e tornano nel loro paese d'origine da turisti. Qui abbiamo creato le nostre famiglie e abbiamo contribuito col nostro lavoro alla crescita di questa realtà. Penso che avere una moschea in cui pregare sia il giusto riconoscimento per la nostra gente. Speriamo che col sindaco si possa dialogare insieme».
Una proposta cui Manildo risponde: «Non ci sono no pregiudiziali, siamo sempre aperti al confronto. Le emergenze però in questo momento sono altre». Abderrahmane è comunque certo che il nuovo traguardo della convivenza a Treviso vada sviluppato nel segno di una maggior apertura, e porta un esempio: «In Marocco, oltre alle moschee ci sono molte chiese e sinagoghe. La compresenza non sminuisce le religioni anzi, le rafforza».
Per la festa di fine Ramadan, ieri, il punto di ritrovo è stata la sede delle suore maestre Santa Dorotea, in via De Coubertin, a due passi dallo scientifico Da Vinci. Lì, dalle 7.30 alle 9.30 più di 350 fedeli si sono ritrovati per la fine del Ramadan. Macedoni, kosovari, albanesi, tunisini, algerini, ghanesi e senegalesi, hanno pregato insieme e mangiato dolci tipici marocchini come l'el mesémen (pane), la chica (torta a mezzaluna) e il baRrir (pane da intingere in miele e olio d'oliva), il tutto sorseggiando thè caldo e caffè. «Questa giornata è la dimostrazione che quando c'è il rispetto, c'è la pace» spiega El Fakhouri Khalid, ex presidente dell'associazione culturale islamica di Treviso.
Nella nostra provincia i centri musulmani presenti sono 15. Il più grande punto di ritrovo islamico si trova nella zona industriale a Villorba, mentre a Treviso è operativa, oramai da anni, una sede in via Pisa, con un centinaio di praticanti. La comunità marocchina ha allestito diversi spazi: uno a Nervesa, due a Montebelluna, ma anche a Cornuda, Pederobba, Ponte di Piave, San Polo, Resana e Vittorio Veneto. La comunità macedone dispone di un centro a Onè di Fonte, quella del Bangladesh ne ha uno a Pieve di Soligo. La popolazione kosovara è responsabile di quello a Ponte della Priula. Infine c'è un piccolo centro a Giavera. «Diciamo che la situazione attuale permette di avere una moschea pagando un affitto», continua Khalid «quello che manca è il riconoscimento anche da parte dello Stato italiano, un passo che dovrebbe essere fatto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso