Neta e Lisi, la badante e l'amico che portavano cocaina dall’Olanda alla Marca
Una 53enne e un 41enne erano incaricati del trasporto e della vendita della droga. Sono imputati per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio

Un’organizzazione di narcotrafficanti capace di movimentare 300 chili di cocaina in meno di due anni, forte di basi d’appoggio concentrate fra Emilia Romagna e Toscana ma con diramazioni fino alla Marca, in particolare a Silea, dove risiedeva una coppia di corrieri, un annoverati tra i fedelissimi dei vertici e incaricati del trasporto e vendita della cocaina.
Si tratta in particolare di un quarantunenne e una cinquantatreenne, entrambi di origine albanese, imputati con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio internazionale di stupefacenti.
Doppio filone d’inchiesta
Il procedimento si inserisce nel secondo filone dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Bologna – il primo vede 48 persone indagate a vario titolo – da cui emerge un’ampia organizzazione dedita al traffico di droga che vede complessivamente 18 imputati. L’indagine iniziata almeno due anni prima dell’esecuzione dei primi arresti e dell’emissione delle prime misure cautelari, nel 2017, è già costata le manette ad una decina di soggetti coinvolti a vario titolo nei due filoni dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna e Firenze.
Risale infatti al 2017 l’arresto in flagranza del quarantunenne albanese, all’epoca dei fatti residente a Silea con la compagna (quest’ultima difesa dall’avvocato del foro trevigiano Daniele Panìco) che ha già scontato cinque anni di carcere e al momento è sottoposto ad una misura alternativa alla detenzione.
Il trasporto dall’Olanda
Lui si faceva chiamare “Lisi”mentre lei era “Neta”. Questi i nomi in codice con cui la coppia portava avanti l’attività parallela di narcotraffico scandita da frequenti viaggi in Olanda per procurarsi la droga.
La donna infatti lavorava come badante mentre il compagno svolgeva lavori saltuari. Stipati nel doppiofondo dell’auto intestata alla cinquantatreenne venivano trasportati anche 10-15 chili di cocaina alla volta. Una volta nel nostro paese la cocaina veniva consegnata ai rivenditori indicati dai vertici che a loro volta rivendevano la droga al dettaglio. I movimenti dell’auto sono stati tracciati con pedinamenti e intercettazioni.
La struttura
L’organizzazione era in mano a tre connazionali della coppia che, come accertato dagli inquirenti, disponevano di contatti di primo livello che garantivano il canale di approvvigionamento dall’Olanda all’Italia.
Un sistema piramidale con diramazioni fra tre regioni dove erano posizionate basi logistiche perlopiù corrispondenti alle abitazioni degli imputati. Veri e propri covi di narcos adibiti a nascondigli per la droga ma anche ad incontri organizzativi. Le comunicazioni avvenivano con telefoni BlackBerry, un revival anni Duemila, garanzia di comunicazioni più difficilmente intercettabili. Ciascuno dei corrieri aveva un nome in codice e i riferimenti alle quantità di droga erano espressi in lettere e non in numeri. I guadagni illeciti tra gli associati erano concordati in base ad una sorta di tariffario in cui era determinante il ruolo e il rischio corso.
La prossima udienza del 4 dicembre darà spazio alle difese degli imputati, preludio della sentenza attesa prima di Natale. —
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