Nel cimitero dei fantasmi ora crescono gli ortaggi

Alle porte della città il singolare giardino nell’ex camposanto “del Paradiso”

TREVISO. Un vecchio cancello di ferro battuto, una cinta di mura segnata da colonne in pietra d’istria e capitelli. Un’antica cappella sepolcrale decaduta e un piccolo mausoleo che un tempo svettava tra le tante sepolture e che ora domina su pomodori e sucoi, zucchine. Siamo ai confini di Treviso, lì dove la legge napoleonica relegò i cimiteri allontanandoli dai centri abitati. Per la precisione nell’antica contrada “dea Fiera” o “de Portu” come venne chiamata già nel dodicesimo secolo, dietro le mura del cimitero del Paradiso, dai più conosciuto semplicemente come “cimitero napoleonico”, un piccolo fazzoletto di terra tra le case della vecchia strada Callalta.

Lì, un tempo, il frinire delle cicale d’agosto cullava il riposo di vecchie nobili famiglie trevigiane, soldati e gente comune. Oggi fa da cornice ad un bellissimo orto coltivato nella terra dove c’erano le tombe e dove per anni hanno trovato casa leggende che parlavano di spiriti e lapidi animate. Questa storia inizia proprio lì, dagli spiriti. E non perchè dietro il crescere della verdura ci sia una mano soprannaturale, sia mai, ma perchè se tutto questo accade è proprio per tenere lontani dal vecchio cimitero creduloni e vandali che negli anni l’avevano violato convinti di trovare terra fertile non per i fagioli, ma per i loro spiritismi; o un angolo buio per le loro porcherie.

Tra le case della strada non c’è molta voglia di parlare del cimitero, anzi. Se chiedete ad alcuni residenti dove sia, non stupitevi di essere bruscalemente liquidati con un «No so, trovateo...», anche se avete il cancello a pochi passi. Perchè lì, al confine tra Treviso e Lanzago, sono in tanti a voler scacciare i malintenzionati e proteggere quell’angolo di Paradiso chiamato così non perchè un tempo tutti i morti fossero santi, ma perchè così si chiama ancor oggi la cappella seicentesca e cui si deve la nascita del cimitero. «Se ne sono viste di tutti i colori» racconta un residente, «lumini, scritte, sedute... ma anche spazzatura gettata oltre i muri e altre schifezze». Perchè il cimitero del paradiso, sconsacrato negli anni venti con l’esumazione delle tombe e il prelievo di tutte le vecchie lapidi affisse ai muri e nella terra, l’aveva lasciato terra di nessuno nonostante la sua antica storia, alimentando dicerie e leggende anche in tempi moderni (l’ultima racconta di un frate accompagnato nottetempo da un tassista alle porte del cimitero, e lì sparito).

E così, una mattina, la parrocchia di Fiera a cui ha sempre fatto capo sia la cappella del Paradiso sia il vecchio camposanto, ha deciso di trasformarlo in un orto. A prendersene cura due anziani signori del posto che oggi voltano la terra non per scavare fosse ma per piantare, raccogliendo a stagioni tutto il bendiddio che quella fertile terra restituisce. Non fa paura la cappella dei De Donà che ancora sorge a lato del camposanto, pur vuotata di tumuli e ceduta sotto il peso del tempo assumendo un’aria un po’ spettrale. Non fa paura nemmeno l’antica colonna funebre che troneggia tra le gombine di carciofi e lattuga. «È una concessione» spiega il parroco, Don Angelo, «così il vecchio cimitero non resta abbandonato». Curiosità per curiosità l’intera area è pure riconosciuta come “zona a tutela artistica e ambientale”, eppure nemmeno a Treviso, in Comune, si ricordavano esistesse. Oggi la parrocchia sogna di relizzare un libro che racconti il Paradiso, dalla nascita... alle verdure. E chiariamoci: non ha nulla a che vedere con la valle dell’Eden.

 

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