Muore a 14 anni a scuola a Castelfranco: la disperazione del papà «Le visite? Pochi giorni fa»

CASTELFRANCO. «Voglio giustizia, mi hanno tolto mio figlio. Domani (oggi per chi legge, ndr) avrebbe fatto la sua prima partita: non posso comprendere che se ne sia andato via a soli 14 anni». Jesbir Rathor, il papà di Sukhraj, il 14enne deceduto ieri per un arresto cardiaco, non si dà pace nella saletta del pronto soccorso. . All’immenso dolore per la perdita del figlio più piccolo, si è aggiunta anche la preoccupazione per la salute della mamma, Jasvir, che verrà trattenuta in ospedale per un malore.
Le parole del papà sembrano puntare l’indice contro quegli esami fatti solo una settimana fa che non hanno rivelato nessuna anomalia nelle condizioni di salute del figlio, tanto da autorizzare la pratica sportiva agonistica. «L’elettrocardiogramma diceva che era tutto a posto, anche per il medico di Treviso», racconta tra le lacrime, «tutto era ok. Stavo andando al lavoro, mi hanno chiamato dicendomi che mio figlio stava male. Sono subito partito da Riese, ma quando sono arrivato era già morto. Ora voglio sapere quello che è successo, voglio giustizia».

Sulle condizioni di salute del figlio, Jesbir Rathor nega problematiche legate all’epilessia. Per lui ha solo parole di elogio: «Aveva iniziato le superiori molto bene, ma è sempre stato molto bravo. E molto rispettoso, chiedeva sempre il permesso. Quando usciva, rientrava sempre all’orario convenuto».
La famiglia Rathor è in Italia da 32 anni, prima a Cremona dove è nato il fratello maggiore di Suckraj, Harminder, poi in Veneto, dove, a Castelfranco, è nato Suckraj. «Avevano raggiunto i parenti che erano già in Italia», spiega uno zio, Paramjit Singh. «Povero Sucktrai, gli volevamo tutti bene, e lui ricambiava. Questa estate è stato quindici giorni con la nostra famiglia, non posso crederci che non c’è più».
Inconsolabile, all’esterno del pronto soccorso, il cugino Manavjeet: non ha il coraggio di stare dentro, si accascia su una sedia a rotelle, assistito dal personale del Suem. I due erano legatissimi, solo sabato l’ultima partita alla Playstation. Ha saputo di quanto accaduto mentre tornava da scuola, da Cittadella, lo ha avvisato un amico dell’Itis: «Talvolta Suckraj lamentava dei dolori da sforzo, ma niente di grave».
Dentro il pronto soccorso, si respira solo dolore: sono arrivati anche gli altri parenti che si stringono attorno a una famiglia distrutta.
Una famiglia che era molto apprezzata a Riese, dove abitano: impossibile da non notare, se non altro per il tipico copricapo della religione sikh, a cui appartengono, e che era indossato con orgoglio anche da Suckraj, ma anche perché nelle loro passeggiate erano l’esempio di una famiglia affiatata, sempre gentile con tutti.
Anche qui la notizia è circolata immediatamente, lasciando sgomenti tutti coloro che li conoscono e soprattutto ben ricordano l’impegno con cui Suckraj aveva affrontato le scuole medie, prima di approdare al Barsanti, dove si era già fatto apprezzare dopo poco più di un mese dall’inizio delle lezioni.
«Come il fratello, sempre bravissimi a scuola», ricorda lo zio. «Era bello, alto, educato e sorridente, benvoluto da tutti», scrive in un post il suo professore di Informatica Antonio Valletta. «Giaceva lì nel campo da basket. Ho pianto nel vederlo, come tanti colleghi che erano lì. Ho pregato per lui: che il Signore, mio o suo, lo abbia in gloria».
Anche il sindaco di Castelfranco Stefano Marcon, in qualità di presidente della Provincia, cui compete la gestione degli edifici scolastici delle scuole superiori, esprime il suo cordoglio alla famiglia: «Quando accadono tragedie di questo tipo, non ci sono parole. Esprimo alla famiglia Rathor la vicinanza mia personale e di tutto l’ente che rappresento».
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