Morto l’industriale Giuseppe Da Re ha portato I Bibanesi in tutto il mondo

«Nostro padre? Un maestro di vita». È morto Giuseppe Da Re, il “re dei Bibanesi”, com’era conosciuto, e la figlia Francesca lo ricorda fra le lacrime, aggiungendole a quelle della madre Adriana e dei fratelli Armando e Nicola. 77 anni il prossimo 20 aprile, Giuseppe ha lottato tre anni contro il tumore ed ha voluto addormentarsi fra le braccia dei suoi cari, ieri sera, a Bibano di Godega, lasciando nel dolore anche i suoi cento collaboratori, numerosi dei quali andavano ad incontrarlo per portargli conforto. Questa sera la veglia, in chiesa a Bibano (con la recita del rosario), domani alle 15.30 le esequie. «Era una persona straordinaria – confida Francesca. Amava la vita e ce la faceva amare. Amava l’arte, la bellezza, la solidarietà. Ha aiutato gli ultimi senza chiedere da dove provenissero». Don Gigi Vian e don Antonio Zuliani, della Piccola Comunità di Conegliano, infatti, trovavano in Da Re l’amico che sapeva sempre trovare una soluzione. E i ragazzi che allora i due salesiani collocarono dai ‘Bibanesi’, sono ancora proficuamente impegnati nell’azienda.
la carriera
«Sì, papà aveva la vocazione al bene» ammette Francesca. Primo di ben nove fratelli, Giuseppe ha manifestato sin da giovanissimo spiccate doti di intraprendenza e capacità di inventiva che metteva a frutto non solo in campo professionale collaborando al panificio familiare, ma anche dimostrando una sincera passione per le arti figurative. Proprio questa sua attitudine lo ha indirizzato, dopo il diploma, a studi di tipo artistico, e a frequentare per qualche anno una scuola d’arte veneziana. Interrotti gli studi nei difficili anni di allora – ricordano i figli – si dedicò completamente alle attività familiari e nel 1979 avveniva la prima svolta quando il piccolo panificio artigianale, completamente rinnovati gli impianti, si trasformava in uno dei più rilevanti e qualificati panifici del Nord Est. Sposato con Adriana Manzon, maestra elementare, che lo ha validamente aiutato nel suo lungo e difficile cammino imprenditoriale, Giuseppe non ha mai dimenticato la giovanile inclinazione artistica, coltivandola con passione nel poco tempo libero. Ha seguito alcuni corsi della scuola di pittura, ha realizzato quando poteva apprezzate composizioni cromatiche e si è dilettato nel creare sculture in creta e fusioni in bronzo. Presentate in alcune mostre ed esposizioni allestite con scopi benefici, le sue opere hanno incontrato il plauso degli acquirenti nonché di esperti cultori e critici d’arte.
PASSIONE PER L’ARTE
Un importante Comune del Trevigiano gli ha commissionato la realizzazione di un’opera in bronzo commemorativa della triste stagione dell’emigrazione, fenomeno significativo e a tratti imponente nella storia recente del Veneto. L’opera, realizzata in bronzo, marmo e ardesia, in un singolare e riuscito contrasto di materiali, presentata al pubblico il primo dicembre 2007 ha suscitato viva emozione per la struggente semplicità e l’immediata presa emotiva di questa figura senza età che si accinge a partire, immobile sul confine tra finzione artistica e dolore vero, tra realtà e speranza. Da Re ha modellato pure in creta, ha fuso in bronzo con il metodo della cera persa un magnifico “Cristo Crocifisso” che nasconde una velata inquietudine resa evidente dal tratteggio e dall'abbozzo quasi schizzato, segni insieme di espressione e di travaglio artistico.
LA BENEFICENZA
Il Cristo è stato donato alla diocesi di Natitingou, nello stato africano del Benin, ai cui abitanti Giuseppe ha destinato un impianto di panificazione che sforna quotidianamente quintali di baguettes e che tiene occupati decine di ragazzi. Lui stesso si è recato più volte per insegnare loro a fare il pane. Per molti clienti della Da Re, è diventata una specie di aspirazione giocosa avere da Giuseppe, in segno di amicizia e reciproca stima, una delle sue sculture in argilla cotta a 1000 gradi o in bronzo, raffiguranti un clochard o un volto di bambino, un Pinocchio o altro ancora, che egli coglie come in un flash nella varia umanità che ci circonda. L’amore per l’arte ma anche tanta attenzione ai più poveri, alle persone in difficoltà, con uno spirito di solidarietà umana concreto. —
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