Morganella, il Sì della commissione Via contro uffici, legali e dirigente di Geologia

L’interpretazione di Paro convince i commissari più dei pareri tecnici. Presidente e vice volevano rivedere la concessione
Andrea Passerini

Era contro l’autorizzazione all’ulteriore scavo alla cava Morganella di Ponzano il dirigente del servizio Geologia e Georisorse della Regione Veneto, Marco Puiatti. E come lui il presidente della commissione regionale Via (Valutazione Impatto Ambientale) Alessandro Benassi. E pure il suo vice, Luigi Masia.

Tutti convinti, che, in linea con le indicazioni fornite dall’Avvocatura Regionale e dalla commissione Tecnica Regionale sulle Cave, la concessione per scavare fino a - 65 metri, rilasciata dalla stessa commissione Via nel 2013, dovesse essere annullata perché non ammissibile, alla luce dell’art. 44 della legge veneta 44 /82, che imponeva di non superare mai i 43 metri sotto il piano campagna

L’ufficio legale di palazzo Balbi, la commissione tecnica sulle cave, il massimo dirigente del settore della difesa chiedevano almeno di rivedere il disco verde. E il 22 aprile 2015 la commissione Via era riconvocata a palazzo Linetti per discutere, sulla base dei pareri di commissione e Avvocatura, la legittimità di quella autorizzazione concessa alla cordata Biasuzzi- Calcestruzzi e Superbeton per il polo estrattivo.

Ma l’autorizzazione viene confermata: la commissione segue il referente-relatore Cristiano Paro, commissario esterno, architetto, leghista, che ritiene non sussistano i «nuovi elementi» per la revoca postuma del sì. Con un paradosso: il tetto all’escavazione da applicare a tutte le cave, indistintamente, per Paro, non è un «nuovo elemento» - chiesto dagli uffici come elemento indispensabile per rivedere il disco verde – perché già nel 2012 la Direzione Geologica diceva che la norma aveva «carattere generale e assoluto»

E allora perché la norma non vale per la Morganella? Ecco il verbale: «Non sussistono gli estremi per una riapertura postuma dell’istruttoria per rideterminare il provvedimento del 2013 non essendoci il nuovo elemento», dice Paro, «E La norma che limita la profondità della cava comporterebbe una maggior tutela di ambiente e territorio, ma la stessa non è posta a fondamento dal giudizio favorevole di compatibilità ambientale, trattandosi di ulteriore tutela. Non sono emersi nuovi elementi programmatici, progettuali e ambientali prima non considerati, sul piano dell’equilibrio ecologico e ambientale a fondamento del giudizio favorevole».

Chissà se Paro sarebbe piaciuto ai sofisti. Per lui il parere favorevole aveva già in sé l’obiettivo della tutela dell’ambiente: ergo, non cambiava nulla. E i 22 metri in più concessi rispetto a livello minimo sotterraneo a 43 metri? Il verbale non li cita.

Paro convince i commissari: prescrizioni e vincoli della concessione 2013 soddisfano la tutela ambientale. un no di fatto a uffici, legali e vertici della Geologia e della Via. In 8 votano contro la revisione – Paro; l geologo Cesare Bagolini; il chimico Livio Baracco; l’ingegner Roberto Penazzi; Paolo Bortolami; gli architetti Mirko Campagnolo, Gianluca Faoro e Antenore Quaglio – ai 3 dirigenti contrari si associa l’allora sindaco di Ponzano, Monia Bianchin (centrosinistra) rovesciando il sì del predecessore Giorgio Granello (allora Lega).

È quel voto a segnare per sempre la (nuova) sorte della cava. E forse questo verbale dice moltissimo, più di tanti manuali, di come maturino i voti decisivi sulle grandi opere, e non solo, alle nostre latitudini. Da quella seduta è nata, il 31 dicembre 2020, la concessione allo scavo firmata Nicola Dall’Acqua. Era commissario Via, nel 2015, ma assente (giustificato) alla seduta. Un blitz, il suo atto, all’ultimo giorno da dirigente. —





Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso