Morto a 34 anni nella casa a fuoco, l’indagine segue la pista del dolo

Nella casa a Montebelluna di Niccolò Martini, per tutti Nikkolay, non c’era mobilio che potesse far propagare le fiamme. Eppure l’incendio ha devastato due piani. La Procura deciderà se far eseguire un test del Dna sui mozziconi

Enzo Favero, Lorenza Raffaello
Niccolò Martini, per tutti Nikkolay, in una foto di qualche anno fa
Niccolò Martini, per tutti Nikkolay, in una foto di qualche anno fa

L’ombra del dolo non accenna a lasciare lo scenario in cui è morto Niccolò Martini, per tutti Nikkolay. Da una prima ricostruzione dell’accaduto, in attesa dei risultati ufficiali dei vigili del fuoco e dell’autopsia che verrà eseguita venerdì 8 agosto sul corpo del 34 enne, ci sarebbero degli elementi che conducono proprio in quella direzione.

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Il sopralluogo dei carabinieri nell’abitazione di Montebelluna dopo la tragedia

Formalmente i vigili del fuoco sono stati incaricati dalla Procura di redarre una perizia che possa chiarire la dinamica dell’incidente, a cominciare dalla presenza o meno di acceleranti, come alcol o benzina, ovvero sostanze in grado di far propagare le fiamme più rapidamente e più intensamente.

Rogo devastante

Il primo elemento riguarda l’entità del rogo. Se le fiamme sono scaturite al piano terra, come è stato dato per certo, il fatto che abbiano distrutto anche il piano superiore significa che si è trattato di un incendio di una portata di una certa rilevanza.

Questo significa che difficilmente tutto può essere partito da un mozzicone di sigaretta spento male. O quanto meno non sarebbe stato il mozzicone di sigaretta da solo a provocare un incendio di un’entità tale da distruggere un’abitazione su due livelli, considerando anche che nessuna delle utenze era attiva, compreso il gas.

Non ci sono tende e divani

Il secondo elemento oscuro e che farebbe pensare al dolo risiede nel fatto che nell’abitazione di Posmon, dove il rogo si è propagato, non sono state trovate tracce di tende o di divani, oggetti che per la loro composizione avrebbero potuto facilitare l’innesco del rogo, anche partendo da una banale sigaretta o candela.

La casa della tragedia
La casa della tragedia

Resta assodato che l’incendio si sarebbe propagato di stanza in stanza, sulle scale e poi fino alla stanza in cui si trovava Nikkolay e dove è stato trovato morto. Il giovane stava dormendo o era morto prima di essere raggiunto dal fumo e dalle fiamme?

A fare chiarezza sarà solamente l’esito dell’esame autoptico, durante il quale saranno anche effettuati prelievi tossicologici per cercare eventuali tracce di alcolici, medicinali o stupefacenti. Sulla base di questo, la Procura deciderà se disporre il test del Dna sui mozziconi di sigaretta trovati numerosi a terra in salotto, il locale da cui è partito l’incendio.

L’incendio

Un giallo su cui la parola fine non è stata ancora scritta e che è iniziato la mattina di martedì, quando i vigili del fuoco sono arrivati al civico 7 dopo che era stato segnalato un incendio. In camera da letto hanno trovato il 34enne privo di coscienza.

Niccolò Martini, che da anni non aveva più alcun rapporto con la sua famiglia adottiva, aveva trovato rifugio notturno in quella casa vuota ormai da 4/5 anni. Qualcuno in zona aveva sospettato delle presenze abusive perché circa un mese prima era stata notata e segnalata ai carabinieri di Montebelluna l’effrazione della porta d'ingresso, ma nessuno era stato trovato all'interno. E invece ci viveva Niccolò Martini, nato in Russia nella zona degli Urali, adottato da piccolo e portato in Italia, a Pederobba fino al 1999.

Gli amici e la ex

Era tornato nella città che conosceva bene, dove era vissuto in precedenza, dove aveva coltivato la sua passione per la musica suonando la batteria con una band. E dove aveva vari amici. E infatti da qualche mese lo era stato notato in giro, soprattutto alla sera, quando arrivava a piedi da Caerano.

Frequentava il bar tabaccheria di piazza Verdi, dove andava fin da quando aveva una fidanzata brasiliana che poi aveva sposato. Una storia finita alcuni anni fa. Ma nessuno nella zona, nemmeno coloro che lo conoscevano e lo incrociavano a Posmon, sospettava che Nikolay, come lo chiamavano gli amici, avesse trovato rifugio nella casa disabitata di via Col Moschin, messa sotto sequestro dopo il rogo in cui ha perso la vita.

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