Mobilitazione planetaria contro Green Hill

Dopo gli scontri nell’allevamento di Green Hill di una settimana fa a Montichiari (Brescia)è calato, apparentemente, il vento della protesta. Ma gli attivisti e le associazioni animaliste non mollano e per martedì 8 maggio hanno già indetto la “Giornata mondiale contro Green Hill e la vivisezione”. Da New York a Cape Town, in Sud Africa, fino a Montichiari, ma anche in provincia di Treviso (la località precisa non è ancora stata fissata) , gli animalisti di tutto il mondo, molto indignati, manifesteranno davanti alle ambasciate italiane chiedendo la chiusura dell’allevamento considerato dagli stessi un “lager dei cani beagle”, in attesa che mercoledì 9 maggio si arrivi alla riunione della XIV Commissione del Senato, dove verranno presentati gli emendamenti al testo dell'articolo 14 per il recepimento della Direttiva Europea sulla sperimentazione animale.
«La nostra battaglia è per far approvare la legge comunitaria», spiegano i volontari dell’Oipa Treviso, «con cui sie vieterebbe l’attività di allevamenti di cani, gatti e primati non umani destinati alla vivisezione è solo all’inizio. Gli attivisti hanno liberato 30 beagle da Green Hill: ora il Senato approvi la legge tanto attesa». Gli animalisti, quindi, non hanno paura e sono decisi a salvare altre “ vite”, come quelle dei cani liberati dall’allevamento di Montichiari dai 12 attivisti, tar cui una trevigiana, arrestati e rilasciati dopo 48 ore. Green Hill è da tempo nel mirino delle associazioni animaliste, poichè vi si allevano cani di razza beagle perché hanno un carattere dolce e sono meno aggressivi, rispetto ad altre razze, nei confronti dell’uomo. Si tratta di cuccioli e cani adulti, che verranno poi utilizzati nei laboratori di tutta Europa per effettuare delle sperimentazioni, e in modo particolare nella case farmaceutiche. Ogni mese, dicono gli amici dei “pelosi”, oltre 250 cani finiscono sui tavoli dei laboratori, tra i bisturi e le mani dei vivisettori. «Il tutto si basa su un presupposto sbagliato e cioè che la vivisezione serva alla scienza, ma ciò non è affatto vero», sottolinea Adriano De Stefano, presidente dell’Enpa Treviso, «Liberare gli animali dalle loro gabbie significa liberare la mente dai preconcetti, che vedono un certo mondo scientifico arroccato su posizioni ferme a due secoli fa, che non si rende conto che la scienza è tutt'altra cosa, che scannare sadicamente animali nel chiuso dei loro laboratori».
Per gli animalisti la scienza non ha « bisogno degli animali per le sue scoperte», spiega l’avvocato per i diritti degli animali e delle associazioni animaliste tra cui la Lav, Lorenza Secoli, «in una società civile come la nostra la vivisezione non è più tollerabile e non è indispensabile per la scienza e la cosmetica ». Secondo l’avvocato Secoli bisognerebbe «fare un referendum popolare per abolire la vivisezione». Ma intanto gli animalisti sono uniti e tutti d’accordo si incontrano per sostenere, in un unico pensiero, l’appello : «La fabbrica della morte va chiusa».
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