Militare ucciso in missione Risarcimento agli eredi

Mezzo milione di euro di risarcimento alla moglie e alle figlie di Enzo Venturini, il militare morto su un elicottero abbattuto dai missili dell’aviazione iugoslava. A distanza di ventun anni, l’episodio finito nei libri di storia come “l’eccidio di Podrute” trova giustizia: 28 anni di condanna per i due graduati dell’esercito iugoslavo che hanno dato l’ordine di sparare, e un risarcimento complessivo da oltre un milione di euro per i familiari delle vittime. La sentenza è stata emessa ieri dalla Corte d’assise d’appello di Roma. In primo grado i quattro imputati erano stati tutti assolti per insufficienza di prove.
La telefonata. Silvana Moro, vedova di Enzo Venturini, vive a Treviso, appena fuori mura. Stefania e Isabella Venturini, figlie di Enzo, a Meduna di Livenza e a Quinto. La telefonata che aspettavano da ventun anni è arrivata ieri sera. «Finalmente. Finalmente». A parlare è Stefania, figlia minore di Enzo. «All’assoluzione in primo grado eravamo rimaste incredule, le prove erano schiaccianti. Abbiamo fatto appello, senza esitare». Il quadro di colpevolezza era «chiaro e limpido», dice Stefania. Per questo motivo non arrivare mai a ottenere giustizia faceva così male. Fino a ieri.
L’eccidio. Enzo Venturini, assieme ad altri quattro colleghi militari, è morto su un elicottero abbattuto dai missili di una coppia di aerei “Mig” iugoslavi. Il cosiddetto “eccidio di Podrute” avvenne il 7 gennaio 1992 nel nord della Croazia. Quattro militari italiani e uno francese rimasero uccisi in seguito all’abbattimento dell’elicottero dell’esercito italiano su cui volavano, impegnati per conto della “Missione di monitoraggio della Comunità europea”. Ad aprire il fuoco fu una coppia di aerei Mig 21 iugoslavi. Rimase coinvolto anche un altro elicottero che i Mig cercarono di abbattere, ma il pilota riuscì ad evitare il fuoco e ad atterrare indenne in una radura. Venturini, tenente colonnello dell’aviazione militare, avrebbe compiuto 51 anni meno di un mese dopo la tragedia. Con lui persero la vita il sergente maggiore Marco Matta, il maresciallo capo Fiorenzo Ramacci, il maresciallo capo Silvano Natale e il militare francese Jean Loup Eychenne. «Oderi», in serbo «scuoiali»: un ordine perentorio, pronunciato da un alto ufficiale dell’esercito iugoslavo. È stato quell’ordine a far aprire il fuoco al tenente serbo Emir Sisic, pilota di uno dei Mig. Due missili a infrarossi centrarono l’elicottero.
L’assoluzione. Una strage dimenticata, e che per vent’anni ha avuto un solo colpevole: l’ex pilota Sisic, condannato a 15 anni in Italia e riconsegnato alla Serbia, che da tempo lo ha rimesso in libertà. Anche il processo ai vertici dell’esercito iugoslavo sembrava destinato a mescolare la polvere al dolore dei familiari delle vittime. La Corte d’assise di Roma il 16 luglio del 2008 assolse per insufficienza di prove i quattro imputati: Adzic Blagoje, capo di stato maggiore dell’Armata iugoslava; Ljubomir Bajic, comandante dell’aeronautica; Bozidar Martinovic, del Centro operativo delle forze armate; e infine Dobrivoje Opacic, comandante della base aerea di Zeljava. Le accuse in concorso erano di strage, disastro aviatorio, omicidio e tentato omicidio plurimo. I familiari delle vittime hanno presentato appello contro l’assoluzione.
La condanna. Ieri la sentenza di secondo grado: Dobrivoje e Ljubomir sono stati condannati ciascuno a 28 anni di reclusione. Martinovic è stato assolto per insufficienza di prove. Blagoje, nel frattempo, è morto. «Ricordo quel giorno, avevo solo 22 anni. E ricordo che in questi anni ciò che ci ha fatto più male è stato il fatto che la strage è stata inspiegabile», dice Stefania Venturini. L’attacco, secondo alcune ricostruzioni, mirava a provocare un incidente diplomatico alla giovanissima Repubblica di Croazia, che dichiarò la propria indipendenza otto giorni dopo. Se anche il secondo elicottero fosse stato colpito, nessuno avrebbe potuto testimoniare che il Mig aggressore era iugoslavo. «L’aspetto eccezionale di questa sentenza è che nessuno Stato può essere sottoposto alla giurisdizione di un altro», dice l’avvocato Colledan, «Ma abbiamo portato la Serbia a processo come responsabile in sede civile. E ora sarà la Serbia a pagare». Il risarcimento sarà quantificato proprio dal giudice civile, ma quello penale ha già disposto le provvisionali: alla moglie e alle figlie di Venturini andranno 150 mila euro a testa, oltre a 45 mila euro complessivi per le spese legali.
@fabio_poloni
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