«Mentiva per amore» Amante assolta per falsa testimonianza

Nascose al giudice la data in cui era iniziata la relazione ma per il tribunale la sua deposizione non è stata rilevante
TOME' TREVISO INTERROGATORIO ADELE GIORDANO IN TRIBUNALE, IN FOTO L'AVV. PIETROBON AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM
TOME' TREVISO INTERROGATORIO ADELE GIORDANO IN TRIBUNALE, IN FOTO L'AVV. PIETROBON AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM

Mentire per amore non è reato. È questo, in sostanza, il senso della sentenza di assoluzione pronunciata in tribunale a Treviso nei confronti di una donna, difesa dall’avvocato Stefano Pietrobon, accusata di falsa testimonianza in relazione al divorzio del suo amante. Per il giudice Cristian Vettoruzzo, pur con la formula dubitava, la sua deposizione nell’udienza di divorzio sull’esistenza della sua relazione con il marito non costituisce reato.

Tutto nasce dall’udienza durante la quale si stava discutendo la separazione del suo attuale compagno con la moglie.

La donna, secondo l’accusa, aveva cercato di nascondere che la sua relazione con quell’uomo andava avanti da diversi anni, già da quando il matrimonio era ancora in piedi. Una menzogna che rischiava di costare caro alla 50enne che era finita a processo con l’accusa di falsa testimonianza. Perché il giudice che, dopo averla ascoltata e aver capito che mentiva, aveva deciso di inviare agli atti alla procura che aveva proceduto penalmente contro la donna.

La vicenda vede come protagonista un facoltoso imprenditore 70enne, uno che ha fatto fortuna con le gelaterie in Germania. A fianco a lui, mentre diventavano ricchi, la compagna di una vita, madre anche dei suoi due figli, con cui è convolato a nozze nel 1997. Ma nel 2012 il legame si spezza. E la moglie accusa: «Lui ha una amante». Lei lascia la casa e dopo tre anni di separazione si arriva all'udienza per il divorzio, in cui la ex vuole che al 70enne venga attribuita la responsabilità di tutto perché le ha messo le corna. Tutto succede nelle aule del giudice civile che si è occupato di mettere il sigillo legale sulla fine del matrimonio. I due si erano conosciuti, innamorati e hanno fatto due figli. Lavorando sempre gomito a gomito per far crescere l’attività di famiglia oltre confine. Nel 1997 la decisione di coronare l’unione anche con il matrimonio. Tutto è filato liscio fino al 2012 quando il rapporto tra i due si è incrinato, a dire della moglie a causa del tradimento.

Il giudice, nella sua sentenza, dichiara che non è possibile desumere che la donna sia stata la causa della fine del matrimonio. Ma per la moglie non tutto è perso. O quanto meno non è persa la battaglia d’onore con la rivale. L’amante, infatti, chiamata in causa dal compagno ha dichiarato di averlo conosciuto solo nel 2013. E così la donna che, mentendo credeva di aiutare il suo amato, è finita a processo. Ma ieri il tribunale ha stabilito che quella menzogna d’amore non è stata un reato. —

Giorgio Barbieri



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