Lorenzon: «Troppe nutrie, mangiamole»
La proposta dell'assessore leghista: «Negli Usa si fa già, perché non proviamo?». E fioccano le ricette

TREVISO. In umido, al forno o sul barbecue. Da topo gigante a pietanza, il passo è più breve di quanto lo si possa pensare per la nutria. Non ancora in Italia, ma altrove c'è chi giurano sia una prelibatezza. Dalle nostre parti invece c'è chi l'ha trasformata in animale domestico (basta andare su youtube per vedere nutrie lavate in vasca da bagno, o sedute sul divano a guardare la tv), ma di mangiarla ancora proprio non se ne era potuto parlare. Almeno fino a ieri. La proposta, più che la provocazione, è arrivata dall'assessore provinciale alla caccia e alla protezione civile Mirco Lorenzon. «Mangiamola», ha scritto su facebook. Ma non è boutade da sociale network. «C'è chi mangia le rane e le lumache, non capisco perché la nutria no. E' un animale che mangia cose molto più sane di altre», spiega Lorenzon, «si nutre di ortaggi, e di radicchio come sanno bene i nostri agricoltori. Sono convinto che sia molto meglio mangiare una nutria, che un pollo cresciuto in un allevamento intensivo. Molti di coloro che si scagliano contro la proposta di mangiare una nutria, se entrassero in uno dei quegli allevamenti smetterebbero di mangiare pollo».
La «soluzione», per Lorenzon potrebbe anche aiutare a controllare il numero dell'animale che sta infestando le campagne trevigiane. Che Lorenzon abbia tratto spunto dalla Luisiana? Lì ad esempio è stato creato e sponsorizzato un sito che raccoglie tutte le ricette e le preparazioni più consigliate e quando non cacciata, la carne si può reperire congelata per tutto l'anno in diversi supermercati. Ma anche in alcuni paesi dell'est Europa è un piatto, non diffuso come in Louisiana, ma presente in molti menù. E forse pochi sanno che sarebbe possibile anche in Italia mangiarla. Con due Circolari, la n. 17 del 20 gennaio 1959 e la n. 144 del dicembre 1959 (mai abrogate) l'allora Alto Commissariato per l'Igiene e la Sanità Pubblica presso il Ministero degli Interni liberalizzò l'utilizzo delle carni di castorino, a patto che le stesse fossero «sottoposte a vigilanza veterinaria, messe in vendita ad animale intero e individuate con apposito bollino a cura dell'allevatore». E, in quel periodo, qualche ristorante ci provò pure a inserire nel menù la nutria. Senza però evidente incontrare il gusto dei clienti, che la preferivano sulle pellicce, prima che anche queste passassero di moda.
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