«Lorenzo, appena nato ti ho tenuto in braccio»

CONEGLIANO. Legge l'appello di Lorenzo Durizzotto, il ragazzo adottato che cerca la mamma naturale, e si mette in contatto con lui: «Io ti ho tenuto in braccio, eri diventato la mascotte del nido», gli ha confidato Evi Piera Cescon, cinquantaquattrenne di Albina di Gaiarine. C’era anche lei, quel 24 agosto 1994, nel reparto maternità dell’ospedale di Conegliano, per il parto della sua secondogenita. E si ricorda ancora di quel neonato partorito e poi lasciato in ospedale dalla mamma. «Ebbi la sensazione che l'abbandono non fosse stata una scelta della mamma, ma di qualcun altro», spiega la testimone. Leggendo l’appello di Lorenzo dalle nostre colonne, nei giorni scorsi, le è riaffiorata alla memoria quella vicenda vissuta oltre vent'anni fa.

«Ho letto l'articolo su la tribuna ed è stato come un flash vedendo la data: 24 agosto 1994», racconta la gaiarinese, «mia figlia Odine è nata l'1 settembre di quell'anno». Dai cassetti nella sua memoria è quindi riemersa quella storia, che lei aveva vissuto direttamente, poiché era stata ricoverata in ospedale da due settimane prima del suo parto. «Avevo la pressione alta e quindi fui ricoverata in anticipo rispetto al parto che era previsto per il 27 agosto», spiega Evi Cescon, «sono stata ricoverata in ospedale da metà agosto». Leggendo l'articolo tutto le è tornato in mente. «È una cosa che avevo sepolto tra i ricordi, ma stanotte non ci ho dormito ripensando a quei momenti», dice, «mi è tornato in mente tutto».
Passeggiando lungo i corridoi, lei e le altre neomamme che erano ricoverate non avevano non potuto notare quella ragazza, che era tenuta sola in una stanza, particolarmente protetta. Lei era la mamma di Lorenzo, ma di quella giovane, forse ancora minorenne, nessuno sapeva il nome. Nemmeno si conosceva la sua provenienza, forse arrivava da un'altra provincia, la riservatezza era massima. «In quei giorni i medici mi dicevano "cammini, cammini, si muova. E così io andavo su e giù per il reparto. Quella stanza rimaneva sempre chiusa, ma si sentiva la ragazza che spesso piangeva. Noi mamme facevamo i monitoraggi nella sala travaglio, mentre lei rimaneva sempre tenuta a parte», spiega la gairinese, «era una ragazza giovanissima, la ricordo piccolina e mora di capelli, si teneva sempre la pancia, come per proteggere il bimbo, per dargli calore e abbracciarlo. C'era un ragazzo insieme a lei, un giovane sui 25 anni e una signora, non so chi fossero. Quel ragazza mi faceva tenerezza, era sempre sorvegliata, non la lasciavano mai uscire da sola».
Forse il giovane era il padre e la donna una parente o un'assistente sociale, ma la privacy attorno a quella ragazza madre era massima. Nessuno poteva avvicinarsi a lei, al di fuori del personale medico e infermieri. «Successivamente abbiamo saputo che quella mamma aveva deciso di dare il figlio in adozione, così almeno ci era stato riferito. Però ci sembrava strano, mi sembrava davvero strano», continua nel suo racconto la mamma di Albina, «la sensazione era che non fosse stata una sua decisione. Ma perché o chi abbia deciso, rimase un mistero. Di quella ragazza non sapevamo nemmeno il nome». La nascita di Lorenzo fu una gioia per mamme e infermiere, la prima “adozione” del piccolo fu quella fatta dall’intero reparto di maternità di Conegliano. Le puerpere si attivarono per dare un aiuto a quel piccolo non riconosciuto. «Quel neonato faceva tenerezza a tutti», ricorda la signora Cescon, «quando era l'orario di visite e alzate le tapparelle arrivavano i familiari di tutti i bimbi, papà, nonni zii, cugini. Tutti cercavano il loro bambino, ma non ricordo nessuno per Lorenzo. Quando andavo ad allattare mia figlia le puericultrici ci dicevano: «Chi ha latte in più ce lo dia, così possiamo darlo a questo bimbo rimasto da solo». Ci chiedevano abitini, tutine, body, qualcosa per vestirlo, perchè non aveva nulla. Aveva riempito il cuore a tutte noi mamme, era diventato una mascotte del nido, sempre coccolato. Anch'io l'ho tenuto in braccio, gli ho dato il latte e dei vestitini. Era buono, tranquillo, non piangeva mai. Era un bimbo bellissimo, con il visino dolce. Ripeto: io ho la sensazione che lei non lo volesse abbandonare, ma attorno a questa stanza c'era una chiusura totale, era segregata. Quelle rare volte che la vedevo uscire si teneva sempre la pancia».
Evi Cescon è mamma di tre figli: Odine è nata prima di Altea e dopo di Giorgio. Il suo cuore materno ha aiutato, 21 anni fa, lo studente veneziano che adesso è un ragazzotto. Ieri tra loro c'è stata una lunga telefonata. «Siamo stati un'ora al telefono, è stata un'emozione indescrivibile», è visibilmente commossa la gaiarinese, «ho scoperto anche che sua mamma adottiva ed io probabilmente anni fa abbiamo lavorato nello stesso supermercato a Bibione. Spero di incontrarlo al più presto con i suoi genitori, gli farò conoscere anche mia figlia Odine, sono contenta».
Le due famiglie potrebbero conoscersi nelle prossime settimane. «Spero che Lorenzo possa ritrovare la sua mamma», è l'augurio di Evi Cescon, «capisco il suo desiderio di conoscere le sue radici, siamo tutti dalla sua parte».
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