Lo scherzo incredibile a Treviso: cartoline osé all'amico per anni. Ora sono guai

TREVISO. Uno scherzo durato quindici anni. Una cartolina al mese, anonima e ammiccante, che nel tempo gli ha causato non pochi problemi con moglie e figli, convinti che l’uomo avesse un’amante o comunque una vita parallela. Inutile negare, tentare di convincere i familiari di non saperne nulla: ogni mese, puntuale come l’affitto, nella cassetta della posta l’uomo riceveva la temuta cartolina. Anonimo il mittente. Fino a quando lo stesso autore del longevo scherzo ha deciso di svelarsi, durante il funerale di un comune conoscente. Era l’amico di sempre, protagonista dell’insolita zingarata, che la vittima però non ha gradito, anzi: ha intrapreso nei suoi confronti una causa civile, avanzando una richiesta di risarcimento da mezzo milione di euro per danni morali.

Nell’epoca dei messaggini, delle mail, delle foto condivise sui social network a portata di click, in cui le lettere, di carta, sembrano ormai cimeli storici da conservare sotto teca o nel cassetto dei ricordi, questa vicenda appare ancora più incredibile, così sganciata dai tempi moderni. Uno scherzo - diciamo così, anche se la vittima non sarebbe affatto d’accordo - durato dal 1997 fino al 2012. Portato avanti con costanza e determinazione, ogni mese: una cartolina, una penna, un po’ di fantasia e una leccata al francobollo. E il gioco è fatto. Protagonisti della vicenda finita in tribunale (la causa è stata avviata due anni fa, il processo ormai è alle ultime battute) due ultrasettantenni trevigiani: la vittima un noto artigiano (difeso dall’avvocato Fabio Crea).
L’ideatore dello scherzo, poi denunciato, un noto commerciante del centro storico, del settore del tessile, abbigliamento e calzaturiero (difeso dall’avvocato Roberto Nordio). La prima cartolina risale al 1997. Un errore, aveva pensato inizialmente la vittima. Ma quel nome, sullo spazio dedicato al destinatario, era il suo. Le cartoline avevano poi iniziato ad arrivare ogni mese. E se inizialmente la cosa era stata presa come uno stupido scherzo, quei biglietti avevano iniziato a creare più di qualche problema nel ménage familiare. Già perché il contenuto era per così dire “osè”, spinto e ammiccante. Insomma lasciava intendere l’esistenza di un’amante, o più d’una. O comunque un comportamento lascivo della vittima dello scherzo, che continuava a negare. Ma più le cartoline continuavano arrivare più il suo “Ma no, non c’entro! Non ne so nulla!” a moglie e figli risultava sempre meno convincente.

Passano gli anni, le cartoline ogni mese continuano a comparire nella cassetta delle lettere. Fino al giorno del fatidico funerale.«E allora, questo mese ti è arrivata la cartolina?». Con queste parole un amico gli si era avvicinato, durante la commemorazione del defunto, un comune conoscente. E, sorridendo sotto i baffi, aveva rivelato di essere di fatto lui l’autore dello scherzo.
Forse, a posteriori s’aspettava una reazione ben diversa. Una pacca sulla spalla, una bevuta per riderci su. La vittima però non ha riso affatto: quelle cartoline, quasi duecento spalmate in 15 anni, gli avevano creato stress, litigi, problemi in famiglia. Per questo ha deciso di non fargliela passare liscia. Ma di intraprendere contro di lui una causa civile, che oramai sta proseguendo da circa due anni. Avanzando una richiesta di risarcimento per i danni morali e esistenziali sofferti mica da ridere: mezzo milione di euro. Il processo è in corso davanti al giudice della sezione civile del tribunale di Treviso Daniela Ronzani. La prossima udienza il 28 gennaio. Un rinvio deciso per ascoltare le versioni di altri testimoni, per cercare di ricostruire la vicenda. Forse il caporedattore Perozzi, il povero conte Mascetti, l’architetto Melandri, il Sassaroli o il barista Necchi (i mitici protagonisti di “Amici Miei”) l’avrebbero risolta con una partita a biliardo, una risata, o una vendicativa zingarata. Non nella Treviso di Signore & Signori però, dove le goliardate trovano giustizia davanti al giudice.

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