Lo scafista parla e resta in carcere

Ieri mattina è comparso davanti al gip Umberto Donà per l’interrogatorio di garanzia per rogatoria dopo essere stato nuovamente arrestato dagli uomini della Squadra Mobile di Treviso. Mohamed Diallo, alias Mohamed Haidara, 28enne maliano, secondo l'accusa, ha gestito il traffico di esseri umani dalle coste della Libia a quelle della Sicilia. Contrariamente a quanto suggerito dal suo legale d’ufficio, Loretta Liziero, ha deciso di non avvalersi della facoltà di non rispondere e spiegare al giudice la propria versione dei fatti, rispetto alle pesantissime accuse che gli sono rivolte. Parole, che non gli sono comunque valse al momento alcuna modifica della misura di custodia cautelare.
Il maliano rimane rinchiuso nella casa circondariale di Santa Bona, in attesa di sapere se il gip di Palermo, che sta conducendo l’indagine, disporrà o meno il suo trasferimento in Sicilia, dove la direzione Distrettuale antimafia sta indagando su di lui.
Il caso della scarcerazione del presunto scafista e trafficante di uomini maliano era balzato agli onori della cronaca nazionale appena dopo Natale. Arrestato e poi liberato per mancanda di documentazione. Gli uomini della squadra mobile però in questi giorni non l’avevano mai perso di vista. Sabato scorso, i giudici di Palermo, dopo la mancata convalida del fermo a Santo Stefano, avevano emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'uomo, ritenuto parte integrante di un'organizzazione di trafficanti di uomini che per 2.400 dollari a testa provvedeva al trasporto, al vitto e all'alloggio dei migranti. Mohamed Diallo tra il 2011 e il 2012, era stato alloggiato presso la Caritas, e poi, una volta ottenuto lo status della "protezione sussidiaria", aveva fatto perdere le sue tracce. Ma il capoluogo della Marca era sempre stato il suo punto di riferimento logistico tanto che per catturarlo, nelle settimane scorse era stato chiesto l’aiuto della Caritas. L’organizzazione guidata da Don Davide Schiavon ha permesso di rintracciare l'africano. La polizia lo aveva attirato in una trappola con la collaborazione della Caritas convocandolo in questura per una questione di rinnovo del permesso. Da qui il fermo alla vigilia di Natale e la sua scarcerazione a Santo Stefano per una questione di "carte" non inviate dalla Dda di Palermo. Le forze dell’ordine hanno però hanno continuato a monitorare l’uomo: all'alba di mercoledì lo hanno arrestato. Secondo la ricostruzione degli inquirenti Diallo, assieme ai suoi due complici, il gambiano Ebrima Touray e il guineano Salou Cande, arrestati il 20 dicembre scorso, avrebbe organizzato i viaggi dei disperati dalla Libia alla Sicilia. In particolare, lo stesso Diallo, secondo le testimonianze di alcuni migranti, si sarebbe messo alla guida di una carretta del mare per trasportare 300 profunghi a Lampedusa. L’accusa, mossa nei suoi confronti riguarderebbe proprio quell’unico trasporto di disperati, avvenuto a fine maggio, su cui ieri il maliano ha reso volontarie dichiarazioni al giudice delle indagini preliminari nel corso dell’interrogatorio per rogatoria.
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