L’Inps sbaglia la pensione e chiede 24 anni di arretrati

Ottantenne si vede decurtare da un giorno all’altro l’assegno percepito. L’istituto di previdenza impone la restituzione di 87 euro al mese fino al 2039
La lettera dell'Inps
La lettera dell'Inps

Ventiquattro anni fa ci siamo sbagliati. Per questo fino al 2039 le decurtiamo la pensione di un quinto. Cordiali saluti. Riassunto è questo il testo della lettera che Giuseppe Sinaldi, 80 anni, si è visto recapitare a casa pochi giorni fa dall’Inps. Nessuna possibilità di intervento, nessuna possibilità di capire. E neppure un «ci scusi» all’inizio o al fondo della pagina con cui gli comunicavano di essere debitore di 24 mila 836 euro.

La storia. È una vicenda che ha dell’incredibile, ma è tutto fuorché uno scherzo. Giuseppe, in pensione dal primo settembre del 1992, quasi non credeva ai propri occhi quando ha letto la comunicazione arrivata dopo l’estratto conto che testimoniava la riduzione del versamento mensile, e dopo un’altra comunicazione in cui l’Inps inviava il prospetto dei tagli (senza spiegare cosa fossero). «Sono in pensione da 24 anni, un quarto di secolo... si svegliano adesso?».

L'Inps gli taglia la pensione

Operatore cinematrofgrafico fino agli anni Ottanta, Giuseppe Sinaldi ha lavorato nel mondo della scuola come “personale associato” raggiungendo così l’età pensionabile. I contributi Enpas sono stati riuniti con quelli Inpdap e confluiti poi nella gestione unica dell’Inps che non ha mai avuto nulla da eccepire o segnalare nei 24 anni intercorsi dal versamento della prima pensione di Giuseppe a oggi, lasciando correre per tutto questo tempo un trattamento pensionistico che – a quanto pare – ancora riteneva “provvisorio”, e che ha impiegato 24 anni a rendere definitivo.

«Ma dopo 5 anni c’è la prescrizione»
Pucci Volpago assemblea unindustria Paolino Barbieri Pucci Volpago assemblea unindustria

Nessuna spiegazione. Da cosa abbia avuto origine il “ricalcolo” nessuno lo sa, perché a Giuseppe sono stati presi i soldi (la trattenuta è scattata in automatico, ancor prima di valutare eventuali eccezioni) senza troppe spiegazioni, tanto da spingerlo a rivolgersi a un avvocato. «Non abbiamo potuto far altro che chiedere l’accesso agli atti» commenta il legale, Innocenzo D’Angelo, «perché l’istituto non li ha forniti. Le uniche comunicazioni erano quelle in merito al debito, al prelievo mensile che gli sarebbe stato operato e alle modalità di pagamento».

Rate fino a 103 anni. A rendere tutto ancora più assurdo, il fatto che la ritenuta “cautelativa” operata da Inps sulla pensione di Giuseppe termini dopo una rateazione mensile lunga 23 anni ovvero quando Giuseppe, se la fortuna lo assisterà, avrà la bellezza di 103 anni. Ma c’è di più: «Qualora ella si trovi in gravi e documentate condizioni personali da non riuscire a sostenere la trattenuta», aggiunge l’Inps senza rendersi conto forse dell’incongruenza, «potrà richiedere una ulteriore rateizzazione fino a un massimo di 60 rate mensili». Cioè: se non ha soldi paga tutto in meno tempo.

Lo sfogo. «È una assurdità», commenta il legale a cui l’ottantenne si è affidato, «qui non discutiamo di persone che truccano i dati o altro, ma di un pensionato statale che è andato regolarmente in pensione 24 anni fa e su cui oggi l’istituto pretende di rivalersi per un proprio errore». Secondo il legale oltre a sforare i termini di prescrizione per la contestazione, la ritenuta di Inps è «inaccettabile nei modi e nei metodi». E perfino delle tempistiche, viene da dire.

La pensione. L’infallibilità dei numeri non guarda in faccia a niente, a quanto pare. Né ai tempi che passano, né alla vita delle persone. A Giuseppe sono stati tolti 87,45 euro su una pensione di 438 euro che incassava unita a una indennità integrativa che aveva avuto la fortuna di farsi. In tutto 850 euro al mese che diventeranno 630 fino a giugno (Inps ha ricaricato su Giuseppe anche servizi e tasse) per poi salire fino a 770 fino al 2039. Pochi euro sopra la soglia di povertà assoluta (745 euro, dato Istat 2014) «Fortunatamente ho qualche risparmio, altrimenti sarebbero guai».

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