L’ex banconiere-killer vuole parlare

PREGANZIOL. Fino al 30 marzo del 2012 era un insospettabile banconiere al supermercato Lando di Preganziol, reparto salumi: famiglia, lavoro, palestra.
Da quel giorno, dopo che gli agenti del Ros, coordinati dalla Dda di Cosenza, fecero irruzione di prima mattina nella sua casa al civico 18/2 di via Boschetta, con tanto di elicottero, Salvatore Crivello è dietro le sbarre, accusato di essere un killer dell'ndrangheta. È detenuto nel carcere di Terni e domani sarà sentito dagli inquirenti. La preoccupazione, negli ambienti legati al suo nome, è forte: anche se lui professa da sempre la sua innocenza, nonostante una pesante condanna ottenuta in primo grado per omicidio.
Il suo nome compare nell'ambito della maxinchiesta "Tela del Ragno" con cui sono stati ricostruiti anni di faide e dinamiche criminali nell'area del tirreno cosentino. Il risultato: 58 arresti, sequestro di beni per 15milioni di euro e condanne per oltre cent'anni. In primo grado, nel 2015, il tribunale di Paola ha condannato Crivello a 10 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso, pena confermata in appello. Ma la sua storia non finisce qui.
Domani sarà sentito dagli inquirenti nell'ambito di un secondo filone, che lo vede imputato per omicidio: «Non si tratta di dichiarazioni spontanee o ammissive» precisa il suo avvocato Riccardo Adamo «anzi, Crivello sostiene di essere innocente dal giorno del suo arresto. Nell'ambito del processo che si svolge in corte d'assise a Cosenza, il procuratore della repubblica ha chiesto al mio assistito se era disponibile a sottoporsi ad interrogatorio formale davanti alla corte, e Crivello, a differenza degli altri imputati, ha detto sì». Racconterà dunque la sua verità, cercando di contraddire un impianto accusatorio che, all'epoca del suo arresto, fece molto scalpore.
In questi anni il suo nome è stato protagonista della cronaca giudiziaria anche per un tentativo di evasione dal carcere di Tolmezzo. Classe 1979, secondo l'accusa Crivello avrebbe ucciso per conto del suo clan di appartenenza (Scofano-Martello-La Rosa), quando aveva poco più di vent'anni. «Gli contestano dei fatti avvenuti tra il 2001 e il 2003» spiega il suo legale «ma le notizie certe sono che, nel novembre 2001, Crivello è partito militare su sua richiesta il suo fermo è stato prorogato 6 mesi: a maggio 2003 ha finito. Dieci giorni dopo la fine della sua carriera militare c'è stato un omicidio a Paola e dicono che sia stato lui. Mentre era a militare ha presentato la domanda per entrare nei corpi speciali: è partito nel 2004 e vi è rimasto fino a fine 2007. È arrivato a Treviso nel 2008 ed è stato arrestato, sempre in Veneto, nel 2012, questa è la sua vita. Io sostengo non c'è un movente per uccidere, nessuno l'ha fornito. La settimana scorsa abbiamo chiesto al collaboratore sottoposto a esame se fosse stato presente all'omicidio oppure mandante, e ha detto di no, che era semplicemente un suo pensiero». Infondate, secondo l'avvocato Adamo («oltre il mandato difensivo») anche le accuse di essere un affiliato: «Come fa uno ad essere associato se dal 2001 al 2012 è rimasto ben lontano dalla Calabria? In 10 anni nemmeno un anno, tra licenza e permessi. È straordinario come in Italia si possa finire in carcere con accuse pesanti. Crivello è nato a Casale Monferrato, ha vissuto a Valenza Po (in Piemonte) è tornato a Paola per tre anni ed è ripartito: risponde di associazione per delinquere e di omicidio». Un innocente invischiato nella "tela del ragno" o un sicario in fuga con appoggi e coperture nella nostra regione? Domani la parola a Crivello.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso