L’eredità di Angelo Gatto «La sua scuola vive in noi»

CASTELFRANCO. Angelo Gatto: artista completo, sensibile, umile, buono, spirituale. Lo descrivono così gli allievi di Casa Barbarella, da lui fondata nel 1986. Ha raccontarlo è Sergio Comacchio, erede della sua tradizione artistica, figlio del suo modo di intendere e trasmettere la bellezza. Assieme a Sergio, una schiera di artisti che dall’86 al 2008 hanno avuto modo di apprendere, pennellata dopo pennellata, le tecniche artistiche del grande maestro Angelo Gatto. Ma, come ricorda Sergio Comacchio, «non ci resterà solamente un’immensa eredità artistica da Angelo, ma soprattutto molti, forse troppi, insegnamenti morali e di vita, da tenere stretti tra le mani».
Angelo Gatto si è spento mercoledì mattina, all’età di 96 anni, nella sua abitazione di Sant’Andrea Oltre Muson. Il suo volto e le sue capacità artistiche erano note a livello internazionale: esperto pittore, impareggiabile mosaicista, e soprattutto, fondatore della nota scuola artistica di Casa Barbarella. Ascoltando i racconti delle persone a lui vicine, emerge il ritratto di un’anima buona, che avrà la fortuna di rimanere sempre impressa nel cuore di quanti hanno avuto l’onore di lavorare e apprendere dalla modestia e dall’umiltà del grande maestro. Angelo si formò all’istituto d’arte ai Carmini di Venezia e in seguito frequentò l’accademia delle Belle arti, dove frequentò le lezioni di Bruno Saetti. Durante il secondo conflitto mondiale fu combattente e prigioniero per due anni nel campo nazista di Bergen-Belsen in Germania. Insignito in seguito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica italiana, Angelo non ha mai ostentato meriti e capacità. «Ci diceva sempre - racconta Comacchio - che nella vita la semplicità non è un punto d’arrivo, ma di partenza».
Gatto aveva deciso di condividere quanto aveva imparato in vita all’interno della mansarda di Casa Barbarella, con il gruppo di artisti che dall’86 ha sempre conosciuto la partecipazione di un cospicuo numero di persone: nessun segreto, nessun pagamento, solo arte libera e gratuita. «Un uomo che non ha mai conosciuto l’invidia», continua Sergio, «il successo di un suo allievo lo riempiva di gioia, non sapeva portare rammarico. Bisognava sempre esporre le proprie opere, ovunque, anche nelle piccole salette messe a disposizione dai paesini sconosciuti: «L’arte doveva trovare posto ovunque, silenziosamente, ma con la forza della sua emotività».
Questa mattina, alle ore 10, sarà celebrato il funerale nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea. A piangerlo la moglie Angela, e i figli Vincenzo, Chiara, Gloria e Alessandro.
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