L’attacco della Cisl: I soldi di Veneto Banca per risarcire i soci

TREVISO. Quattro milioni e duecentosettantamila euro. È lo stipendio che Veneto Banca ha versato lo scorso anno all’ex amministratore delegato e direttore generale, Vincenzo Consoli. Proposta provocatoria: «Metta quei soldi in un fondo per risarcire chi ha perso tutti i propri risparmi con le azioni Veneto Banca». A lanciarla è Massimiliano Paglini, segretario del sindacato dei bancari First Cisl di Treviso e Belluno.
Il fondo. Dietro la provocazione a Consoli c’è un progetto serissimo e concreto: creare davvero un fondo-salvagente per chi ha perso tutto. Non per chi ha consapevolmente rischiato l’investimento al fine di guadagnare con azioni e dividendi di Veneto Banca, bensì solamente per chi non è stato adeguatamente informato, preparato, invitato a diversificare. «Lo chiederemo alla banca», ha detto ieri Paglini. Una proposta analoga era partita qualche mese fa da Andrea Tomat, ex presidente di Confindustria Veneto e Unindustria Treviso: ora il sindacato la porta ufficialmente sulla scrivania di Pierluigi Bolla, presidente di Veneto Banca, che ieri ha incontrato un altro gruppo di sindaci per fare con loro il punto della situazione. Domande tipo quanto (mettere nel fondo), come (gestirlo) e chi (rimborsare) dovranno trovare una risposta condivisa, ma la strada che ha in testa il sindacato è chiara: sia la banca a risarcire i risparmiatori che si possono definire in un ventaglio che va da «sfortunati» a «truffati», secondo quanto sostengono centinaia di esposti depositati da piccoli e medi azionisti.
Attacco a don Torta. Oltre alla provocazione a Consoli, «che nel 2014 ha guadagnato 13 centesimi di euro al secondo», Paglini affonda il colpo anche contro don Enrico Torta, il parroco di Dese che in queste settimane si è messo in prima linea a difesa dei piccoli risparmiatori. «Non sa di cosa parla», attacca il sindacalista, «i deboli si difendono votando “sì” alla trasformazione in società per azioni, non il contrario».
Guardare avanti. Sì a tutti i costi e per forza di cose, insomma: posizione condivisa dal segretario generale della Cisl di Treviso e Belluno, Franco Lorenzon: «Guardare avanti. Riassumerei così la nostra posizione: da questa situazione si esce salvando la banca, e questo si può fare votando “sì” alla trasformazione e all’aumento di capitale ma non tanto per evitare commissariamenti, quanto per avere ancora operatività e risorse da investire sul territorio». Lasciarsi il crollo alle spalle, dunque, «facendo però tesoro degli errori»: questa la strada indicata dalla Cisl, ed è più o meno la stessa suggerita dai colleghi della Cgil qualche giorno fa.
Le colpe. Discorso complicato, questo. «Non è il momento di cercare il capro espiatorio», dice Lorenzon, la situazione è controversa e ci sono responsabilità di tutti: dei vertici della banca, dei dipendenti, dei risparmiatori ai quali andava bene guadagnare, di chi doveva controllare, della comunità locale noi compresi».
Dipendenti? Vittime. Su un punto, sollecitato dai cronisti e dalle domande sul perverso meccanismo di incentivazione per chi vendeva azioni ai clienti, Paglini è secco: «I dipendenti della banca non sono responsabili, sono vittime. Quasi un terzo dei 6.500 lavoratori di Veneto Banca ha azioni. E molti le hanno fatte comprare anche a parenti e amici». Chissà se sono ancora amici.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso