Lasceranno via Pisa con fondi e aiuti: sfratto scongiurato per 32 famiglie

Comune, proprietà e inquilini trovano l’accordo per liberare i condomini. Restano 19 posizioni in bilico

Federico De Wolanski
Le proteste degli inquilini
Le proteste degli inquilini

La bomba sociale delle 51 procedure di sfratto attivate nei condomini in via Pisa si può definire in parte disinnescata. Non risolta, per tutti, ma per due terzi. Il Comune ha annunciato di aver raggiunto un accordo con la proprietà degli immobili per tutelare la posizione di 32 delle 51 famiglie a cui era stato intimato di lasciare gli appartamenti nel grande complesso residenziale. Per le altre, salvo ulteriori accordi ritenuti comunque «possibili» nelle prossime settimane «almeno per qualcuno», non potrà che proseguire la procedura di sfratto.

La vertenza

Si è aperta l’estate scorsa, quando la Dora Re, nuova proprietà degli edifici che sorgono oltre il grattacielo di via Pisa (civici 16, 18 e 20), ha inviato le lettere di sfratto alle 51 famiglie che erano all’interno dei condomini travolti nel 2016 da una maxi inchiesta dell’antimafia.

A lanciare l’allarme gli attivisti del centro sociale Django, che si erano opposti alla prime procedure di sfratto denunciando l’emergenza sociale e riuscendo – va dato atto – a chiamare in causa il Comune. L’intervento dell’amministrazione a inizio anno ha permesso di congelare gli ufficiali giudiziari ed aprire un tavolo di confronto per evitare gli sfratti di massa. Complicato il quadro di partenza: molte famiglie erano morose, altre abusive, altre ancora regolari ma “scadute”.

L’accordo

Nel patto a tre tra proprietà, inquilini e Comune ha portato alla definizione di 32 situazioni. Tre diverse tipologie di soluzioni: un rinvio temporaneo dello sfratto in virtù della possibilità per le famiglie di concludere a trattativa per soluzioni dove trasferirsi; garanzie economiche da parte della proprietà a copertura di eventuali fideiussioni degli inquilini per l’ingresso in altri appartamenti; aiuti economici per reperire nuove soluzioni abitative, che si traducono nella fattispecie in aiuti al trasloco e nella rinuncia alla richiesta di rientro delle mensilità di affitto mai pagate. Per Treviso una prima volta sotto tutti i punti di vista: emergenziale (mai ci si è trovati davanti un blocco di sfratti puntuale, contemporaneo e così numeroso), e amministrativa (mai prima d’ora era scattato un simile tavolo di concertazione e trattativa.

«Lavoro collegiale»

«Desidero ringraziare i residenti, assistiti dall’avvocato Arena, e la proprietà per la collaborazione prestata per la soluzione di molti casi» ha detto ieri pomeriggio l’assessore all’urbanistica Andrea De Checchi, che ha gestito il tavolo con proprietà e inquilini, «sono molto soddisfatto per questo primo esperimento di concertazione che si è riusciti a intavolare nonostante si trattasse di un ambito privatistico. L’amministrazione è intervenuta in termini mediatori allo scopo di evitare una vera e propria bomba sociale, permettendo di risolvere 32 casi con le famiglie che hanno così trovato una nuova sistemazione. Spiace che non si sia riusciti a risolvere la totalità delle situazioni ma auspichiamo che nei prossimi giorni si riesca a trovare una soluzione».

Cosa succede adesso

Percorsi di uscita sembrano già definiti per una ventina di posizioni; per un’altra decina ci saranno le dilazioni “in accordo”; altre due sono in corso di definizione «ma con accordi avviati» spiega Ca’ Sugana. Per le restanti 19 famiglie, come detto, si riaprirà la procedura di sfratto. Tra queste ad oggi, salvo ulteriori accordi, ci sono casi che possono meritare anche un intervento paracadute del Comune in termini di emergenza sociale, altri no. L’iter giudiziario sarà difficile possa durare meno di un anno e mezzo. L’intenzione della proprietà è liberare gli edifici per avviare un restauro generale e la successiva vendita o affitto degli alloggi. —

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso