La storia della città di Treviso lungo cento vetrine del centro

TREVISO. Vasconetto, si sa, è “La bottega storica del centro di Treviso”. Quattro generazioni, due precedenti gestioni, un curriculum che la porta nel lontano 1858. Ma quali sono le altre? Quante sono? Ogni associazione di categoria ha fatto la sua lista, i suoi libri, le sue indagini e il Comune, oggi, ha deciso di fare sintesi. Ne è nato un lungo elenco di storie e vetrine, commercianti e artigiani alcuni dei quali hanno aperto bottega quando in città si andava a cavallo, e ora alzano le serrande sotto l’occhio delle telecamere intelligenti e infrarossi delle Ztl. In lista sono 94, 83 del centro storico, 11 fuori mura, scorrerla è un racconto cittadino e d’impresa, ma nasconde anche perplessità, dubbi, polemiche: «Essere “bottega storica” oggi non è facile, e dal Comune, parole a parte, ancora pochi fatti» ammettono infatti molti dei bottegai “incoronati”. .
Ecco gli storici, e le sfide. Il primo posto della classifica, come detto, ovviamente non cambia. Ma dal secondo in poi è già una sfida all’ultimo timbro, al documento più ufficiale che porti indietro il calendario. C’è infatti la Merceria Due Pomi, un tempo dietro palazzo dei Trecento oggi in piazza Teatro Dolfin, che si colloca nel 1868, e c’è Fabris, la bottega dei tessuti di piazza Indipendenza, che quest’anno ha festeggiato i 150 anni (quindi nata un anno prima della Due Pomi) e che assicura di aver foto che la collocano anche nel 1865. Poi c’è la storica e caratteristica Cereria Torri, 1879, e la sfida a due tra i dirimpettai Bottegal e Giraldo: l’uno nato nel 1898, l’altro datato ufficialmente 1954 ma che si fa risalire al 1880 «ma con altra dicitura» in piazza Noli (ora Borsa). Chi potrebbe raccontare la verità? Di sicuro gli osti, quelli che hanno rappresentato e rappresentano una tipicità trevigiana. Basti pensare al banco di Toni Del Spin aperto da 1880, quello di Arman (1872), ristoranti tipici della città che però fanno i conti con un’altra osteria storica, “Il Bottegon”, che al volto di locale giovane aggiunge una storia di vecchio caravanserraglio di viandanti e commercianti datato 1890. Poi arriveranno Busato (fuori porta, sulla Noalese, dal 1919), l’Oca Bianca (1921) e le Beccherie (1939) con il suo contestatissimo primato sul tiramisù. Ma all’Ottocento dobbiamo tornare se vogliamo ricostruire la storia della bellissima insegna lignea della “Drogheria Foresti” in via Martiri della Libertà. «Ma l’anno non si sa» ammette la titolare Teresa Martinelli. Chiodi per zoccoli? Attrezzi da lavoro? C’era e c’è la Metalferramenta (1900), ma ancor prima la ferramenta di Paolo Bellieni, oggi gestita da Giuseppe e Paolo Bellieni. Serviva marmo? Pungiluppi c’è da fine ’800.
La coltelleria Nascimben

La coltelleria Nascimben in via Inferiore ha più di 60 anni. È un negozio di nicchia, specializzato, pure ritirato dal grande flusso del commercio ma vive. Valorizzazione delle botteghe storiche? «Insomma, mica tanta» dice il titolare Remigio, «l’adesivo? Vabbè, ma poi? Io credo che con le Ztl non abbiano fatto un grande passo. Ad ogni modo ci adeguiamo. E la questione parcheggi resta un nodo irrisolto».
Ma nell’elenco redatto dal Comune c’è spazio anche per legatorie, tipografie (quella di piazza Pola è del ’38), fotografi, pizzerie, “barbieri”, negozi di musica e scarpe nati a metà Novecento che oggi resistono in città cercando di stare al passo con tempi, mode, concorrenza.
Errori e mancanze. Non c’è elenco che non susciti mormorii, specie se riguarda i commercianti. C’è chi contesta l’anno di nascita messo nero su bianco dal Comune, chi il fatto di non esistere nell’elenco pur avendo foto in bianco e nero dell’attività. È il caso di Fabris, per l’elenco risale solo al 1969 e non al 1867; o di Giraldo, collocato nel ’74 (ma è 1954) e non nel 1880. O della cappelleria Bellina dove dentro è “vietato fare foto” perchè è un pezzo di storia che resiste dagli anni Sessanta (ma c’è chi dice da prima della guerra). Eppure non c’è nell’elenco.
La cappelleria Bellina

La cappelleria Bellina è un luogo d’altri tempi, eppure non passa mi di moda. Risale agli anni Sessanta (e forse molto prima) eppure non è finito nella lista delle botteghe storiche. Perchè? Se lo domandano tra cappelli e confezioni anche i dipendenti. «La bottega è stata anche citata nel libro delle botteghe storiche, eppure siamo fuori lista» ammette la dipendente Lorena Fava, «per valorizzare le botteghe del centro serve molta attenzione».
Le polemiche. L’elenco eel Comune rientra in un progetto avviato due anni fa, lo stesso che ha suddiviso il centro in sei “rioni” (Piazza, Mulini, Mercato, Riviere, Vittoria, Borgo), con installazione di totem e distribuzione di adesivi da apporre sulle vetrine a tutte le botteghe storiche. Ma dietro le casse, dietro i banconi, l’iniziativa lascia molti a bocca aperta. Gran parte dei commercianti la considera «ad oggi inutile» e aspetta che «l’amministrazione metta in campo idee più significative degli adesivi». Polemizza lo storico Vasconetto ( «e pur ho votato questa amministrazione»), ma anche la ferramenta Bellini, furiosa anche per essere stata inserita nel rione Riviere pur essendo in piazza Borsa. «A che servono questi adesivi? E i rioni? Sono chiacchiere, la valorizzazione delle botteghe è altro» dicono Giuseppe e Mario, «e non parliamo delle Ztl...utili solo a far cassa». Dalla confetteria, Morena Tonetto si sfoga: «Ci vuole altro, che ne acciamo di adesivi grandi come due dita?». «Qui ci arrangiamo» dice Remigio Nascimben, della coltelleria, «Promozione? Mica tanta». Più mite Paolo Cecconato di “Fabris”: «Qualcosa si sta muovendo, ma alla fine conta come si propone la bottega».
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