La Restera fra natura e impianti perduti

Prosegue il nostro Rapporto sul Sile, proseguendo il viaggio lungo il fiume, a valle di Treviso, lungo la Restera. La parte iniziale è la più antropizzata del corso d’acqua, con abitazioni, industrie ma anche strutture abbandonate, dismesse o mai entrate in funzione. Si parte Ponte della Gobba, per poi dirigersi a sud, lasciando il ponte dell’ospedale.
Prato della Fiera. Un'area storica, pressoché abbandonata, e ridotta a posteggio per auto, giostre e bancarelle, a seconda dei periodi dell'anno. Erba alta, piloni per l'allacciamento elettrico, transenne e buche dominano il sito, destinato a diventare parcheggio di sfogo per gli utenti della futura Cittadella della Salute. «Fino all'Ottocento, qui vigeva un regolamento comunale che considerava la zona come bene comune, non vi si poteva calpestare neanche un fiore di camomilla. Oggi, con poco ci sarebbe la possibilità di valorizzare molto questo posto, riallacciandolo al parco, facendolo comunicare con il porto e il tessuto proto-industriale che lo circondano», suggerisce Raffaela Mulato, urbanista e neo consigliere nel consiglio dell’ente Parco Sile. Dal Prato che soffre dell'isolamento dal fiume, passando per gli ex mulini Mandelli in stato di abbandono, si arriva a un luogo che nel fiume “riversa” impattando su flora e fauna.
Il depuratore comunale. «L’impianto non regge il carico, Treviso conta all'incirca 80mila abitanti e la struttura garantisce una copertura per soli 25 mila. Quando va in tilt, perchè sovraccarica, sversa senza depurare. A dircelo è la natura stessa, con i suoi bioindicatori», dichiara la consigliera, «lungo la Strada dei Tappi, dopo lo scarico del depuratore la vegetazione scompare letteralmente». Una tesi avvalorata anche dai dati di Legambiente che classificano Treviso tra i 5 comuni italiani segnalati per mala depurazione delle acque reflue. Il capoluogo riuscirebbe infatti a soddisfare il 28% della popolazione, meno di Palermo (32%) e Nuoro (40%). «Sulla questione dico anche che l'ente Parco dovrebbe verificare lo stato di salute delle acque, ma anche rendere pubblici modalità di controllo e risultati del monitoraggio», continua l'urbanista.
La centrale di Silea. Raccoglie l'acqua ma anche la sporcizia del fiume, la centrale idroelettrica di Silea. Una struttura imponente con annesso un impianto da oltre 144 mila euro, per la raccolta dei rifiuti, mai entrato in funzione. Il materiale che si blocca tra le grate della centrale, perlopiù erba e plastica, viene pescato da un braccio meccanico e semplicemente riversato dall'altra parte del Sile.
Ex Chiari e Forti. Abbandonata al suo destino è l'area della ex Chiari e Forti, dove ha sede una delle ultima zone umide che si affaccia al fiume e lì la natura ha preso decisamente il sopravvento.
Casier. Qui, tra i luoghi più suggestivi attraversati dal corso d'acqua, c'è la passerella dei Burci, con annesso il cimitero dei barconi. Alla poesia dei canneti e delle imbarcazioni in disuso si aggiunge l'ex deposito granaglie sulla riva di Silea. «Una cattedrale nel deserto che fa parte di quegli 80 macro buchi neri che ci sono nel comune di Treviso. Edifici dismessi che dovrebbero essere oggetto di una riqualificazione», suggerisce Mulato. Se i grandi silos stridono con il paesaggio circostante, a scricchiolare sono anche le assi della passerella. Il legno marcisce e con interventi tampone si cerca di rimediare, risultato: per passare si deve fare lo slalom tra transenne e operai al lavoro. «Il rischio è di arrivare al collasso della passerella dei Burci e alla necessità di un rifacimento. Proprio su questo aspetto si è aperto il contenzioso tra comuni e ente Parco su chi debba pagare l'intervento», spiega la consigliera.
Il porticciolo. Diversa la problematica al porticciolo dove si reincontrano rifiuti rilasciati dalle ruspe della centrale elettrica. Si vedono le barche in mezzo a un cumulo di immondizia. Un brutto colpo d'occhio, compensato da un canneto, tra i più grandi del Sile, che domina sulla sponda opposta.
Cendon e Casale. Altra criticità è data dalla palificazione che assicura gli argini del Sile tra Cendon e Casale, commenta Mulato: «Qui abbiamo migliaia di euro che marciscono nell'acqua. Da un lato c'è il Genio Civile che si occupa della regimazione idraulica e dall'altro l'Ente Parco che dovrebbe farsi sentire».
RAPPORTO SUL SILE 1 E 2
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