«Incapacità gestionale Tutta colpa di Compiano»

Sarebbe l'incapacità gestionale dei suoi amministratori il motivo principale della caduta dell'impero trevigiano della vigilanza. “Mixata” alla tendenza, diciamo così, di Luigi Compiano a considerare l’azienda come un suo bene personale. Le cause dell'insolvenza dell’Istituto di Vigilanza Compiano sono snocciolate in ottantasei pagine di relazione che presto verrà sottoposta a tribunale e ministero per ottenere il sì all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
Debiti verso il fisco, crediti scaduti, una galassia societaria complessa e poco trasparente, un mercato in declino denso di soggetti che più che competitors sembrano squali. Nonostante questo, il commissario giudiziale Sante Casonato, autore della relazione, pare non avere dubbi: la prima causa della caduta dell’impero Compiano sarebbe stata l’incapacità gestionale dei suoi amministratori, Luigi in primis. «La crisi dell'Istituto non è solo una crisi di business, dipende da una trascurata gestione finanziaria, non coerente con gli interessi dell’azienda e da un insieme di incapacità gestionali degli amministratori, annegati in politiche di gruppo». Dice «amministratori» ma in un altro passaggio Casonato chiarisce che «non può disconoscersi una effettiva direzione unitaria e un coordinamento delle attività imprenditoriali da parte di Luigi Compiano, il quale non si limitava al mero esercizio dei poteri di socio, ma imponeva indirizzi, controlli e il coordinamento delle varie società, accentrando su di sé la direzione». E ancora: «Detta direzione unitaria si è estrinsecata in una serie di operazioni anomale e poco rigorose, con compimento di violazioni fiscali, ricavandone plurimi vantaggi diretti consistenti in benefit aziendali e interessenze di favore, operazioni che hanno creato un danno ai creditori delle varie procedure concorsuali, convogliando vantaggi su Compiano e a beni (auto e altro) allo stesso riferibili».
Una «cronica abitudine a vivere le imprese del gruppo come una sorta di bene personale di Luigi Compiano», scrive Casonato. Ma d’altronde si sapeva: l’esempio lampante riguarda Nes e tre auto da corsa, protagoniste negli anni passati dei più importanti circuiti nazionali e europei, conteggiate e ammortizzare come beni aziendali. Finiranno presto all’asta, ma la domanda è lecita: come è stato possibile che una cosa del genere venisse avallata per così tanti anni? Ricostruire la situazione contabile degli ultimi anni dell’Istituto di Vigilanza per insistere sulla richiesta di ammissione alla procedura straordinaria non è stata operazione semplice per Casonato: emerge una significativa riduzione dei crediti (1,8 milioni di credito ad esempio risultano addirittura scaduti), un debito verso l'erario che supera i 6 milioni di euro, una redditività modesta (e una perdita di 13 milioni nel 2013). E ancora: le vicende legate a Nes avrebbero avuto una pessima ricaduta su IVC, numerose le disdette che avrebbero provocato una perdita di due milioni di euro. In cassa pochi spiccioli: appena 400 mila euro, concentrati in un unico conto corrente. Ora però che sono stati allontanati management e Compiano, Casonato non ha dubbi: sussistono concrete possibilità di recupero dell’equilibrio finanziario per l’Istituto, se connesse a un programma di cessione dei complessi aziendali. Una corsa contro il tempo con prospettive «rese ancora più fragili da una precaria situazione finanziaria, che potrebbe minare irreversibilmente nel breve termine l'unitarietà delle attività ancora in essere».
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