Imparare a dirsi addio il tabù della morte svelato ai nostri figli

Non c'è film dello spagnolo Almodóvar senza la scena di un funerale. Le letterature per l'infanzia spagnola, francese, tedesca e anglosassone sono ricche di racconti che parlano della morte. In Italia no. In Italia la morte è bandita dalla cultura e dagli argomenti di conversazione. È un tema da aggirare, da eludere. Eppure quando si arriva a metà della propria esistenza la stagione dei funerali si infittisce e con la morte siamo costretti a confrontarci. Concita De Gregorio, giornalista di "Repubblica" ed ex direttore del quotidiano "l'Unità", nel suo ultimo libro Così è la vita. Imparare a dirsi addio (Einaudi), raccoglie esperienze personali e ricerche letterarie proprio su questo tema: morte, ma anche malattia e vecchiaia. Pagine scritte con solarità, ironia e leggerezza su un argomento di cui non riusciamo a parlare, a scrivere, a leggere. L'autrice – che aveva affrontato nei libri precedenti i temi della nascita e dell'amore – parte dallo sguardo infantile sui tabù del nostro tempo: i bambini hanno una percezione esatta e pura delle cose e le loro domande sulla morte sono dirette, chiare, prive di condizionamenti. Recuperando quello sguardo, Concita De Gregorio riflette e fa riflettere sull'essere felici nonostante il proprio destino. Racconta storie personali e storie note: quella della piccola Lulù, figlia del cantante Niccolò Fabi, morta quando non aveva ancora due anni; quella di Corrado Sannucci, giornalista di "Repubblica" che sulla sua malattia ci ha lasciato il libro "A parte il cancro, tutto bene"; quella del cardiochirurgo pediatrico Carlo Marcelletti, suicida dopo che la giustizia lo aveva allontanato dal suo lavoro. Racconti di vite che non ci sono più come occasione per fare tesoro della vita stessa e delle occasioni da cogliere. Perché il dolore se non è condiviso rischia di diventare rabbia e disperazione. Parlarne e soffrire insieme equivale a sopravvivere. Ma sono soprattutto le grandi domande a percorre il saggio: perché la morte è un tabù, perché invecchiare è una vergogna, perché ammalarsi è deplorevole? La risposta è un'accusa agli stereotipi del nostro tempo, che ci vogliono tutti belli, giovani, sani, magri e meglio se un po’ rifatti. Dal pioniere del silicone Ivo Pintaguy al più celebre dietologo del momento, il francese Dukan ce n’è per tutti. In primis per quella politica più estetica che etica che negli ultimi vent'anni ha cancellato dal nostro Paese la cultura. Senza dover mettere mai in gioco la propria responsabilità. Tanto di vite nei videogames ne abbiamo ancora.
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