Il risarcimento prescritto per i prigionieri di guerra «Noi derubati dallo Stato»

MONTEBELLUNA. «Almeno ci facciano sapere dove sono finiti quei soldi, chi se li è tenuti». Claudio Dalla Lana è arrabbiato per la sentenza della Corte di cassazione che ha definito prescritti i...

MONTEBELLUNA. «Almeno ci facciano sapere dove sono finiti quei soldi, chi se li è tenuti». Claudio Dalla Lana è arrabbiato per la sentenza della Corte di cassazione che ha definito prescritti i crediti che i reduci, che erano stati prigionieri di guerra in Usa, vantavano per aver accettato di lavorare nei campi statunitensi a guerra ancora in corso.

La beffa

Suo padre Bruno era uno degli ex prigionieri che negli anni Novanta avevano presentato ricorso per avere quei soldi, ma la sentenza della Cassazione vi ha messo una pietra sopra. “Adesso vedremo con l’avvocato cosa fare – dice Claudio Dalla Lana – ma ho l’impressione che tutto sia finito. Questa è una beffa, ma in che Stato viviamo. È come se io avessi un mutuo da pagare e dopo 18 anni non pagassi più dicendo che è andato in prescrizione».

La vicenda

La vicenda risale agli anni della Seconda guerra mondiale. Bruno Dalla Lana era stato mandato a combattere in Africa e lì lo avevano fatto prigioniero gli inglesi, con gli altri prigionieri era poi stato consegnato agli americani e imbarcato per gli Usa. Dopo l’8 settembre era stato proposto agli ex prigionieri di guerra italiani di lavorare per loro. Così erano nate le Italian service units: circa 36 mila detenuti, tra cui Bruno Dalla Lana, avevano aderito alla proposta e in cambio avrebbero percepito lo stesso stipendio dei soldati: poco più di due dollari. Allora i lavoratori italiani avevano preso solo 80 centesimi al mese, mentre il resto finiva in un fondo che sarebbe stato consegnato a guerra terminata. E così in effetti poi è stato, dal momento che dopo la guerra gli Stati Uniti avevano versato 26 milioni di dollari di questo fondo all’Italia. Ma i reduci che avevano lavorato nei campi in Texas e negli altri stati americani non li hanno visti, o almeno solo una parte di essi sembra li abbia ricevuti. «Pare che gli ufficiali e i sottufficiali abbiano preso dei soldi, anche persone morte da anni sembra ci siano nei registri – prosegue Claudio Dalla Lana – ma a mio padre e alla maggior parte degli ex prigionieri di guerra che avevano lavorato nelle fattorie statunitensi non è arrivato nulla. Non so se fosse uscito a suo tempo qualche avviso, ma mica mio padre poteva ogni giorno scendere dal Montello, con le strade che c’erano allora, e andare a Montebelluna a veder se nel giornale c’era qualche avviso. Se c’è da dare un risarcimento si manda una lettera a casa, non si lascia che la gente si arrangi».

Le sofferenze

Insomma tante sofferenze e tanta amarezza nel vedere che quanto spettava si era volatilizzato. «Durante la guerra mio padre ha sofferto in modo disumano – dice ancora Claudio Dalla Lana – quando lo hanno fatto prigioniero lui e i suoi commilitoni non si reggevano neppure in piedi. Da prigionieri li hanno poi messi sotto delle tendine alla canadese e hanno portato loro da mangiare, avvertendoli di non mangiare tutto subito ma di farselo durare una settimana. Chi ha mangiato tutto subito è morto perché era così denutrito che il fisico non ha retto. Poi mi raccontava che quando era prigioniero in America davano loro una gavetta con delle gallette una volta alla settimana ma erano così affamati che quando andavano al lavoro mangiavano la corteccia di un grande salice che era in mezzo al campo. E dopo tante sofferenze neppure i soldi a cui aveva diritto gli hanno dato. Mio padre quei soldi se li è guadagnati col lavoro e lo Stato se li tiene così? È stato un ladrocinio ai danni di mio padre e dei suoi commilitoni, ma almeno ci facciano sapere a chi sono finiti o per cosa sono stati usati, perché riconoscere che quel credito da parte degli ex prigionieri c’era ma che è andato in prescrizione suona solo come una beffa». Quanti soldi? «Gli Usa avevano versato 26 milioni di dollari nel 1948 – dice Claudio Dalla Lana – non so calcolare quanti soldi possano essere ora, ma sicuramente moltissimi».

Finale amaro

Risale agli anni ’90 la decisione di un centinaio di ex combattenti che avevano fatto parte delle Italian service units di muovere causa allo Stato tramite l’avvocato Livio Bernot e la figlia Grazia. Un lungo iter giudiziario, nel corso del quale era emerso appunto che gli Usa avevano versato nel 1948 ben 26 milioni di dollari, una somma enorme. Alla fine erano rimasti in 26 ad andare avanti fino in Cassazione, dove si sono sentiti dire che il credito vantato era effettivo ma il troppo tempo trascorso lo aveva fatto andare in prescrizione. —

Enzo Favero

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