Il Prosecco che bussa alle porte di Mestre, viaggio nelle cantine ai confini della Doc

MOGLIANO. L’ultimo miglio del Prosecco Treviso Doc, a due passi, letteralmente, da Mestre, in un terroir storicamente dominato da tutt’altre colture, ha visto fiorire negli ultimi dieci anni un’intensa e in parte inedita attività enologica. Nascono così le giovani bollicine “made in Mogliano” che stanno innescando nuovi investimenti e iniziano a trasformare progressivamente l’approccio al territorio.
La più recente etichetta che si sta facendo conoscere è quella gestita dalla famiglia Scaramuzza, Vini Marocchesa, e si trova proprio sulle sponde del fiume Dese, il corso d’acqua che definisce sia i confini della Marca con il comune di Venezia, sia quelli della Doc trevigiana. Proprio due settimane fa è stato tenuto a battesimo il nuovo spaccio aziendale.

A loro si aggiungono il Picchetto Verde, nella zona del Ghetto, l’azienda Donai in via Torni e, risalendo verso il capoluogo, nel comune di Preganziol ci sono poi Barollo Winery e Via Regia. In questo breve excursus Vanno menzionate infine altre due esperienze.
Tanti produttori in questa zona conferiscono le loro uve glera nella storica cantina sociale del Terraglio, che dopo le nozze con quella di Vazzola, esattamente un anno fa, contribuisce alla produzione del pregiato “brand” enologico con il marchio “La Marca”.
Poi c’è il caso dei vini del “Castello di Roncade” del Barone Ciani Bassetti, che hanno una sede produttiva anche in via Bianchi, sempre a Mogliano, in quella che fu la tenenza del “Duca di Casalanza”, altra azienda vinicola, lanciata nei primi anni 2000, a due passi da villa Bianchi, lungo il Terraglio, dagli eredi del barone de Kunkler e che può essere considerata come una delle prime etichette di “blasone” della zona ai confini con Mestre.

Alla fine, nel giro di pochi anni, passo dopo passo, l’indotto del Prosecco è arrivato anche qui, a 50 e più chilometri di distanza dai vigneti della pedemontana. In queste terre di pianura le foto d’epoca mettono in evidenza come la coltivazione della vite sia comunque una tradizione.
Attorno al centro abitato di Mogliano si estendevano intere piantagioni di alberi da frutto, soprattutto pesche e mele, intervallate da vigneti. Le varietà più diffuse a queste latitudini erano però Merlot e Verduzzo. Ora, inevitabilmente, va soprattutto il vitigno glera, la materia prima fondamentale per fare il prosecco.
Accade così che nel mondo delle bollicine trevigiane, oltre alla tradizionale e iconica viticoltura eroica, legata al paesaggio e alle tradizioni delle colline Unesco, si è fatto strada negli ultimi anni un nuovo fenomeno, un enologia “di confine”.

È proprio da qui che ci parla Michele Scaramuzza, patron dei Vini Marocchesa assieme ai fratelli Simone e Alessio: “La nostra famiglia fa vino da tre generazioni” spiega “siamo originari da Tessera e da qualche anno abbiamo avviato questa nuova avventura a Mogliano”.
La prima annata targata Vini Marocchesa è del 2018. Si produce Prosecco brut, extradry e surlie. Ma sui 10 ettari complessivi coltivati a vigneto c’è spazio anche per i rossi della tradizione locale: Merlot, Carmenere e Raboso. In queste terre di confine, inoltre, la doc trevigiana del prosecco si intreccia ad un’altra “giovanissima” denominazione.
Alla fine di via Marocchesa si produce anche il Pinot Grigio doc delle Venezie, con una versione frizzante che piace molto ai consumatori e che ha ottenuto anche importanti riconoscimenti. Treviso o Venezia l’importante è che sia frizzante, come il mercato.
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