Il legame indissolubile con Treviso

L’ultima volta in città era stato prima di Natale, per la recita dei bambini dell’asilo Appiani, a San Giuseppe.
«L’ultima sua grande preoccupazione- raccontano i figli - soprattutto dopo che la scuola soffriva per i tagli ai fondi e ai contributi degli enti locali. C’era il rischio di chiusura, si è impegnata a fondo e ha dato il suo contributo». I dirigenti dell’asilo confermano: eravamo la sua seconda famiglia, ci teneva molto.
Il rapporto di Adonella con Treviso era cambiato da 25 anni, da quel 1988 in cui decide di trasferirsi definitivamente nell’oasi di Costalunga acquistata precedentemente. «Faceva fatica a riconoscersi nella città, la vedeva cambiata, poi certo – ricorda la figlia Elena - della cittadella sorta al posto della fabbrica non diceva nulla, ma le dispiaceva tantissimo che avessero sacrificato l’area verde fra l’azienda e la strada Ovest».
Veniva a teatro, al «suo» Eden costruito dal nonno Graziano nel cuore del villaggio. Come vicino di platea aveva Eugenio Manzato, l’ex direttore dei musei civici: «Una volta la vidi parcheggiare, ma non scendeva dall’auto. Dopo qualche minuto, allarmato, mi avvicinai, e la vidi armeggiare. Si stava cambiando le scarpe, ai piedi aveva ancora gli stivaloni infangati con cui aveva dato da mangiare ai suoi animali da cortile a Costalunga. E mi parlava del paston...».
Manzato è molto colpito dalla scomparsa dell’amica: «Era una donna straordinaria, molto generosa, sempre disponibile. Una signora d’altri tempi. Per la città, per la sua storia e per la sua cultura è davvero una gravissima perdita»».
Alla città, proprio grazie alla solidissima amicizia con Manzato, Adonella Appiani ha donato gran parte del patrimonio di famiglia. E poi era nata una proficua collaborazione con la fondazione Benetton.
L’ultimo dono alla città, in ogni caso, era stato il guardaroba della madre, Elena Sacchi, la donna dalla bellezza mozzafiato che turbò almeno due generazioni di trevigiani. A Ca’ da Noal Adonella regalò gli straordinari vestiti della madre, e in particolare una collezione di 40 splendidi cappellini, che innescarono una suggestiva ricerca storiografica di Stefano Franzò, che ricostruì tutto il mondo della moda e della sartoria a Treviso in quegli anni . E fu ancora lei a far riscoprire Valentina Pianca, pittrice trevigiana del secondo Novecento.
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