Il grande eroe dimenticato che salvò Castelfranco dall’esplosione catastrofica

LA STORIA
La sua impresa è stata dimenticata per cento anni: eppure la città gli deve il fatto di esistere ancora. Lui è Bortolo Puliè, classe 1894, nato a Santo Stefano di Cadore. Se non fosse stato per il suo coraggio e una manichetta dell'acqua, il 26 gennaio 1918 Castelfranco sarebbe saltata completamente in aria. Ieri, finalmente, gli è stato reso il giusto onore: nel suo paese natale è stata scoperta una targa che ne ricorda l'impresa che gli valse una medaglia d'argento al valor militare. Accanto al sindaco cadorino Alessandra Buzzo c'era anche il Comune di Castelfranco, rappresentato dal vicesindaco Gianfranco Giovine.
Ma anche una nutrita schiera di vigili del fuoco, tra cui il comandante castellano Paolo Galante. Già, perché Bortolo Puliè in quel terribile giorno di cento anni fa si trovava a Castelfranco con il 7. Reggimento Alpini, sezione Pompieri d'armata. La città era nelle immediate retrovie del fronte, strategico nodo ferroviario verso il Grappa: tutto passava da qui: truppe, vettovagliamenti ed... esplosivi. Non si esagera se si dice che all'epoca la stazione era una vera e propria polveriera, con tutti i rischi che ne derivavano. Innanzitutto quello di essere un dei principali obiettivi dei bombardamenti austro-ungarici. Ed è qui che entra in scena Bortolo Puliè: a descriverne l'azione eroica e determinante è proprio la motivazione della sua medaglia d'argento. «Nell'incendio al deposito munizioni d'artiglieria dell'armata francese provocato da incursione aerea nemica, per primo corso sul luogo del sinistro incurante delle violente esplosioni e dei gravissimi pericoli cui si esponeva, riusciva abilmente a soffocare l'incendio che si era propagato ad alcune baracche e vagoni ferroviari pieni di esplosivi e munizioni. Alla sua pronta e valorosa opera è dovuta la salvezza di quei grandi depositi e della stessa città». Il rischio era infatti che il fuoco divampato facesse da miccia ad una esplosione di dimensioni colossali che sicuramente avrebbe mandato all'aria non solo l'intero Borgo Pieve, ma gran parte della città. Nonostante la sua medaglia d'argento, il suo contributo è stato praticamente dimenticato. Morì nel 1933, a soli 39 anni, per un’insolazione nella località eritrea di Massaua dove ora è sepolto. «Doverosa era la presenza ufficiale oggi a Santo Stefano di Cadore - dichiara il vicesindaco Giovine - ma ritengo anche che questi atti eroici debbano essere tramandati ai ragazzi d’oggi». —
Davide Nordio
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