Il caso Gino Rossi: quanti falsi in quel catalogo
Il professor Del Puppo, massimo esperto del pittore veneto, smaschera il volume realizzato da Luciano Buso

Il professor Alessandro Del Puppo è docente all'Università di Udine
TREVISO. Professore, venga a prendere un caffè da noi. Anzi, venga a leggere un "catalogo ragionato". "Questo catalogo ragionato è un'invenzione. E chi l'ha scritto fa un'operazione simile a quelli che dicono di poter leggere le scie chimiche in cielo. Cose dell'altro mondo. Ci si potrebbe anche sorridere sopra, ma questa operazione spalanca le porte a chi vorrebbe mettere in giro un po' di falsi. E questo non va bene". Il professore in questione è Alessandro Del Puppo, docente all'Università di Udine, il maggiore studioso in attività, assieme al collega veneziano Nico Stringa, dell'arte di Gino Rossi, pittore del Novecento vissuto e morto a Treviso. A Rossi il pittore Luciano Buso, in veste di scopritore di "segni autografi", ha dedicato il catalogo in questione. Un catalogo la cui stampa, a detta degli addetti ai lavori, è costata una notevole cifra. Un catalogo che gode del patrocinio della Provincia e che in Provincia - a Sant'Artemio, ex manicomio, dove Gino rossi visse a fasi alterne gli ultimi 20 anni folli della sua vita - è stato presentato alla presenza del presidente Muraro, del consigliere (nonchè vicino di casa di Buso) Contarin e del sindaco di Conegliano, chiamato ad ospitare, in Palazzo Sarcinelli, una mostra su tutto questo.
"Una mostra - dice Del Puppo sfogliandolo il libro in questione - ? Meglio pensarci bene, perchè si rischia di farsi sbeffeggiare o peggio. Dare riconoscimento di autenticità a opere come questa o questa (e indica alcune tavole del librone, ndr), già ufficielmente riconosciute come falsi Rossi, sarebbe molto imbarazzante. Forse non è chiaro, ma non basta cercare e trovare dentro un quadro qualcosa che assomiglia, con tanta fantasia, a una sigla GR per attribuirlo a Rossi. Qui vedo addirittura che le sigle sarebbero più d'una all'interno della stessa opera... Non scherziamo, per carità. C'è tutta una procedura, fatta di documentazioni e di supporti scientifici, per arrivare all'autenticazione delle opere d'arte. Quelle di Gino Rossi sono un centinaio. Nessuna di più. Negli ultimi trent'anni se ne sono aggiunte una o due, niente di più. La sensazione è che ci siano in giro, già circolanti nel mercato, molti falsi che attendono solo la benedizione di un catalogo. Ecco perchè questa operazione è pericolosissima. Mischiare i segni "intuiti" sui falsi Rossi a quelli sui veri Rossi è grave".
E lo sa bene anche la Guardia di Finanza. "In effetti sono venuti anche da me a chiedermi di collaborare a smascherare e pizzicare i fabbricanti e i venditori di falsi Gino Rossi. Purtroppo su questo pittore s'è scatenata da anni la fabbrica del falso. Sì, anche il Rossi di cui pare il mafioso Pippo Calò abbia fatto regalo ad un Andreotti voglioso di averlo, era un clamoroso falso. Veniva addirittura da una incredibile mostra organizzata da una galleria romana, i cui Rossi furono tutti, dico tutti, riconosciuti come non autentici", spiega Del Puppo.
E' simpatico il professore, che negli ultimi anni ha collaborato anche con Marco Goldin nell'organizzazione della mostra su Rossi a Santa Giulia di Brescia, perchè scorrendo le pagine del "catalogo" si sofferma qua e là. "Ci sono anche sciatterie e orrori che si fanno compatire, guardate qui, leggete: "un'artista", scritto con l'apostrofo. Per non parlare di alcuni fumosi cappelli a sezioni del cosiddetto catalogo ragionato. Sì, siamo ai Soliti Ignoti, dai. Guardo tra l'altro i nomi e ne spiccano alcuni che con l'arte e la scientificità hanno poco a vedere. Chi è questo signore del Centro Studi Civitanovesi e cosa c'entra con Gino Rossi?".
E rincara: "Qui figurano opere che a nessuno verrebbe a mente di avvicinare, soltanto avvicinare, a Rossi. Ho ricevuto proposte di attribuzione per opere di gran lunga più belle di queste. Naturalmente ho detto no: non avevano i crismi. E ci vuole ben altro che una pennellata che pare una gigantesca sigla per arrivare allo scopo. Guardate, guardate qui, Buso ci ha letto un bel 1913 di datazione. Peccato che quest'opera sia di tutt'altro anno. E non lo dico io, lo dice la documentazione. Guardate questo "Fanciullo col panciotto rosso". E' una copia da osteria dell'originale di Cezanne. Che cosa ci vuoi leggere dentro a un quadro di per sè falso e brutto? Ripeto, siamo a livello di lettura delle scie chimiche. Ma l'operazione è pericolosa".
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