I testimoni spiegano la notte dell’orrore «Giampy pedinato»

Matteo si nascose vicino alla bruschetteria, poi seguì il rivale Il papà di Gianpietro: «Nessun folle raptus, era premeditato»

CONEGLIANO. «Matteo Bottecchia, la notte dell’aggressione a Gianpietro, era appostato da alcune ore fuori dalla sua bruschetteria». La denuncia è di Maurizio Pagotto, papà di Gianpietro, e getta una nuova luce sugli episodi che nella notte fra il 22 e il 23 dicembre hanno portato Matteo a tentare di uccidere il suo rivale in amore, per poi togliersi la vita gettandosi da un viadotto dell’A27. Matteo, secondo la testimonianza del papà di “Giampy” (che ha parlato con diversi testimoni di quella sera), avrebbe voluto aggredire il rivale all’uscita del lavoro, in via Caprera a Vittorio Veneto. Scoperto da alcuni clienti, si sarebbe letteralmente rifugiato nell’oscurità per poi seguire Giampy e Marta Langero (la ragazza contesa) fino a casa di lei. Ecco perché, alle 2 del mercoledì mattina, Matteo si trovava “puntuale” proprio in via Aliprandi, a Conegliano, ad attendere che Marta salisse in casa prima di aggredire a colpi di roncola il suo nuovo compagno: aveva seguito, in auto, entrambi.

«È una denuncia che voglio fare pubblicamente» si sfoga Maurizio Pagotto «mio figlio non è stato aggredito da un raptus di follia, quello di Bottecchia è stato un disegno premeditato. Ci sono i testimoni che poche ore prima dell’aggressione lo hanno visto accovacciato dietro un’automobile parcheggiata in via Caprera, a pochi passi dalla bruschetteria. Una persona gli ha chiesto cosa stesse facendo lì, pensando si trattasse di un ladro, e lui ha risposto: “Niente, è per uno scherzo”, e poi si è allontanato. Anche altri lo hanno visto lì la sera stessa, e considerando che era già andato in bruschetteria altre volte, e in un caso una cameriera si era fermata per non lasciare Giampy solo, temo che cercasse da tempo il momento buono per uccidere mio figlio». Ai carabinieri non risultano, quella notte, chiamate al 112 da via Caprera, segno che dopo l’allontanamento di Matteo i clienti si erano tranquillizzati. Una telefonata avrebbe potuto davvero scongiurare il peggio, visto che Matteo era già stato segnalato ai carabinieri per le sue minacce dall’ex compagna Marta. Quello che cerca di dimostrare il papà di Gianpietro fin dal primo giorno è che: «La vittima è mio figlio». E che forse si sarebbe potuto fare qualcosa in più per evitare che oggi Giampy sia ancora disteso su un letto dell’ospedale di Pordenone, dove resterà per tre mesi. Prima di iniziare una lunga riabilitazione per ripristinare l’uso del braccio sinistro e della mano, feriti dai colpi inferti da Matteo. «I medici non si sbilanciano» conclude il papà «non si sa se, e quanto riuscirà a recuperare delle funzioni di quella parte del corpo». Padre e figlio, in ospedale, parlano solo di lavoro: non una parola su quella notte, e nemmeno sulla fine di Matteo Bottecchia, morto suicida. Dal lavoro, quindi, è arrivata la prima buona notizia dell’anno per la famiglia Pagotto: la bruschetteria di via Caprera riaprirà il 5 gennaio, martedì, esattamente due settimane dopo l’aggressione al suo titolare. Al posto di Giampy ci sarà un cuoco ingaggiato per supplire all’assenza del titolare. Non ci sarà, invece, Marta Langero, nuova compagna di Giampy ed ex di Matteo, con cui ha avuto una bimba. L’hanno profondamente turbata gli insulti ricevuti nella sua unica uscita pubblica, i funerali di Matteo lunedì scorso a San Martino di Colle Umberto, e anche se in bruschetteria ci lavorava, potrebbe essere troppo presto per rimetterci piede. La vicinanza a Giampy l’ha già dimostrata restandogli accanto il più possibile in questi giorni di vero e proprio calvario, causato dall’uomo che aveva amato fino a pochi mesi fa.

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