I soldati coraggiosi che neutralizzano le bombe inesplose di due guerre mondiali

Nel 2018 sono stati rinvenuti e resi innocui 8200 ordigni Il generale Sperotto: «Attenzione ad accumulare cimeli»



È un “debito” iniziato ormai più di cento anni fa, incrementato a cominciare da ottanta anni fa e che non si sa se e quando verrà estinto: è quello che riguarda la distruzione di migliaia e migliaia di bombe presenti nel territorio nazionale, conseguenza della Prima e Seconda guerra mondiale. Nel primo caso concentrato nel Nordest del Paese. Nel secondo esteso quasi quanto l’intera penisola. Un lavoro - ma non il solo - che vede impegnati 365 giorni all’anno i militari del Comando Forze Operative Nord dell’Esercito, che ha sede a Padova, nella caserma Salomone in Prato della Valle, competente come responsabilità operativa per Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria. A guidarlo è il generale di corpo d’armata Amedeo Sperotto che tramite la centrale operativa padovana controlla e gestisce in tempo reale le segnalazioni che arrivano dalle prefetture non solo per i ritrovamenti di ordigni bellici ma anche le calamità, oltre che gestire l’operazione Strade Sicure.

Per restare solo nell’ambito delle bonifiche di ordigni, nel 2018 il comando è intervenuto su 1350 ritrovamenti, 12 interventi complessi (si definiscono così quelli derivanti da bombe di aereo) per un totale di 8180 ordigni rinvenuti e neutralizzati. Nel 2019 le bonifiche sono state già 642, di cui 186 in Veneto, due interventi complessi, l’ultimo a Vedelago nell’agosto scorso, con l’evacazione di molte famiglie, e 1860 ordigni distrutti.

A chi pensasse che un ritrovamento di una bomba sia un fatto eccezionale, il generale Sperotto risponde con un sorriso: poi semplicemente tira fuori l’ultima notizia sul tema. Risale a solo qualche giorno fa: nel nostro caso è quella di due turisti spagnoli di ventuno anni rimasti feriti il 27 agosto per lo scoppio di una bomba della Grande Guerra ritrovata in Valcamonica e che gestivano come un souvenir. Conseguenza: ustioni e schegge sulla pelle e volo in eliambulanza. «Penso che sia chiaro perché siamo operativi h24» dice il comandante Sperotto «dobbiamo essere sempre pronti e tenere presente qualunque evento collaterale al ritrovamento di una bomba. Purtroppo paghiamo anche lo scotto di una mancanza di cultura: a chi verrebbe in mente di trattare con leggerezza una bomba? Eppure capita. Forse si pensa che abbia una data di scadenza. Ma non è così. L’esplosivo non si deteriora, mai».

Quando arriva la segnalazione di un ordigno, la centrale operativa in pochi minuti ha tutto sotto controllo. Un ufficiale del Genio diventa subito il principale referente della Prefettura e comincia l’iter: individuazione e identificazione dell’ordigno, studio delle procedure per la rimozione e per il brillamento. Questo nei casi semplici. In quelli complessi, quelli delle bombe di aereo, occorre tenere presente il tessuto urbano e una miriade di fattori: dall’ampiezza dell’area di evacuazione alla presenza di ospedali, coordinando sul posto le altre realtà di Protezione civile, sempre sotto la guida della prefettura. «Dobbiamo tenere conto di ogni eventualità, anche quella più ipotetica, nel caso di scoppio» spiega il generale «che per fortuna non si è mai verificato. Questo però non ci fa abbassare l’attenzione».

Ma c’è un altro problema che preoccupa il comandante: sono sempre le bombe, ma non quelle che riemergono dopo decenni se non dopo un secolo, bensì quelle che i “collezionisti” trovano e si portano a casa: «Ne ritroviamo tantissime» conclude Sperotto «e costituiscono sempre un pericolo latente. Soprattutto quando vengono abbandonate per non andare nei guai quando ci si rende conto del loro potenziale distruttivo, mettendo a rischio altre persone».—



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