Fumo al parco commerciale Conè di Conegliano, tre intossicati

CONEGLIANO. Tre intossicati per aver inalato il fumo di un principio d’incendio: paura e mobilitazione dei mezzi di soccorso al centro commerciale Conè, dove alcuni sacchetti andati a fuoco all’esterno del negozio Cisalfa hanno causato il ricovero in ospedale di tre persone, addette al magazzino del punto vendita. Fortunatamente, le loro condizioni non sono gravi: l’incendio è stato spento sul nascere dal responsabile del negozio, che al momento dell’arrivo dei pompieri aveva già riportato la situazione alla normalità.
La chiamata agli operatori del Suem 118 è stata effettuata dal personale di Cisalfa attorno alle 17 di mercoledì 16 agosto. A sentirsi male, denunciando difficoltà nella respirazione, alcuni addetti del magazzino. Secondo le ricostruzioni dei testimoni e dei soccorritori, gli addetti avrebbero inalato i fumi dell’incendio, verificatosi all’esterno della struttura e penetrato nel solo magazzino (non, quindi, nell’area di vendita) per mezzo dell’impianto di areazione. All’esterno stavano bruciando alcuni sacchi di nylon, con all’interno materiali di scarto: pare che un mozzicone di sigaretta (secondo la ricostruzione dei responsabili) abbia causato il principio di incendio. Con le temperature ancora elevate, e la presenza di molto materiale altamente infiammabile all’interno del punto vendita, una situazione potenzialmente molto pericolosa, arginata tuttavia dall’intervento dei responsabili.
Il direttore del punto vendita, che fornisce attrezzature sportive di fronte al centro commerciale Conè, spiega che la situazione è stata gestita senza farsi prendere dal panico: «Probabilmente la colpa è di un mozzicone di sigaretta lasciato su alcuni sacchetti di nylon, quattro o cinque. Erano all’esterno del negozio, ho spento io il principio d’incendio, all’interno del punto vendita non è mai entrato il fumo e non si può parlare di emergenza». Quello dei vigili del fuoco (partiti con una squadra da Conegliano) è stato un sopralluogo senza interventi particolari: le fiamme erano già state domate. Resta il fatto che alcuni addetti hanno chiamato il 118 sostenendo di respirare a fatica, perché il fumo era entrato nel magazzino della struttura: «Hanno deciso autonomamente di andare in ospedale», spiega il direttore, «non è mai stato necessario interrompere l’attività del negozio».
Al di là della preoccupazione per lo stato di salute dei dipendenti, che comunque non hanno riportato conseguenze degne di nota, resta il sollievo per aver limitato i danni. Se l’incendio fosse divampato, per esempio, in orario notturno, elevato sarebbe stato il rischio di propagazione alle attività vicine. L’episodio ha richiamato, su scala minore, quanto accaduto a febbraio di quest’anno. Alcune commesse e clienti avevano improvvisamente avvertito bruciore alla gola e alle vie respiratorie a causa di un odore acre, tanto che sul posto arrivarono i vigili del fuoco, il 118 con più ambulanze, carabinieri, polizia locale, Spisal e Arpav, Ncbr (Nucleare biologico chimico batteriologico). Si scoprì, alla fine, che a provocare i malesseri era stato il fumo tossico prodotto dall’acido di quattro “batterie a tampone” delle porte automatiche dei servizi igienici, liquefatte a causa di un cortocircuito o di uno sbalzo di corrente.
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