Francesco Baracca, il mistero della fine

Nessun combattente della Grande Guerra è così conosciuto come Francesco Baracca, l’asso degli assi dell’aviazione, perito a Nervesa, nel Montello, durante la grande “Battaglia del Solstizio”. Ma le sue ultime ore ed il suo monumento sono per molti versi ancora un mistero. Nato il 9 maggio 1888 da una famiglia ricca (il padre Enrico era uomo d'affari e proprietario terriero, mentre la madre era la contessa Paolina de Biancoli) Francesco Baracca studiò dapprima nella sua città natale di Lugo, in Emilia-Romagna, quindi a Firenze e in seguito scelse la divisa nell'Accademia militare di Modena, dove fu ammesso nel 1907 e da cui due anni dopo ne uscì come sottotenente dell'Arma di Cavalleria del Regio Esercito. Nel 1912, affascinato da un'esercitazione aerea che si teneva al l'aeroporto di Roma-Centocelle,passò in aviazione, che allora era parte dell'esercito. Frequentò i corsi della scuola di pilotaggio a Bétheny in Francia, con un Nieuport 10, e il 9 luglio conseguì il brevetto di pilota numero 1037. Si distinse presto per l'eccezionale abilità nelle tecniche acrobatiche. Nel 1914 venne assegnato al Battaglione Aviatori, prima presso la 5ª e poi con la 6ª Squadriglia. Alla vigilia della prima guerra mondiale, Baracca fu inviato a Parigi dove si addestrò sul caccia Nieuport 10. Con la guerra divenne l’aviatore italiano con il maggior numero di abbattimenti, ben 34 riconosciuti, grazie alla sua tecnica detta “Dei 30 colpi”. Il 19 giugno 1918, dopo aver compiuto una missione, il trentenne maggiore Baracca rientrò al campo di Quinto di Treviso e fu rimandato in combattimento dal comandante della “Massa di Caccia” alcune ore dopo. Mentre era impegnato in un'azione di mitragliamento a volo radente, sopra Colle Val dell'Acqua, sul Montello, il suo aereo scomparve. Il suo corpo venne ritrovato il 23 giugno. Non venne mai fatta un’autopsia e furono formulate negli anni varie ipotesi sulla sua fine: dall’abbattimento da parte di un aereo nemico (mai riconosciuto ufficialmente dall’esercito austroungarico) al colpo da terra, dall’avaria fino al suicidio spiegato con la paura di Baracca di finire in mano nemica o di subire gravi ustioni nell’incendio del veivolo. Il dibattito è ancora aperto. Poco conosciuta è anche la storia del sacello eretto in suo ricordo. L’aviatore non è sepolto lì: infatti la famiglia ottenne di farlo seppellire a Lugo, dopo una cerimonia funebre in cui Gabriele D’Annunzio tenne una celebre orazione. Il sacello non è stato costruito nemmeno nel luogo dove precipitò Baracca (localizzato nella Busa dee Rane a circa un chilometro di distanza), ma si trova nel punto panoramico più vicino , perchè l’idea era di renderlo visibile dalla pianura, come l’Ossario.Ma ora non si vede dal piano, a causa del rimboschimento. Il monumento visto dall’alto voleva rappresentare un aereo: il tempietto è la cabina di pilotaggio, il parapetto in sporgenza l’elica, il giardinetto le ali e le scale la fusoliera e la coda.
Gino Zangrando
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