Fondazione: sono scomparsi due dipinti Dalla Soprintendenza diktat a Unicredit

Uno è il “Cristo Morto”, attributo a Giorgione per quasi 400 anni, più verosimilmente opera del Florigerio, che sin dalla nascita del Monte di Pietà adornava la sala accanto l’anticamera del forziere (ora c’è un poco filologico Ciardi).
L’altro è il “Tondo su tavola della Madonna col Bambino e due angeli”, attribuito a Lorenzo di Credi (1458-1537) allievo di Leonardo e Verrocchio, ma altri critici illustri, fra cui Roberto Longhi e Luigi Menegazzi, lo dicono della bottega. Sono i due dipinti scomparsi – non si trovano più – che Fondazione Cassamarca rivendica, perché già della collezione della Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana. E mancano all’appello dopo l’inventario seguito alla decisione di Fondazione, su precisa volontà del nuovo presidente Luigi Garofalo, di aprire al pubblico il Monte di Pietà. Ieri – giornata dell’Abi – lo scrigno è stato per la prima volta visibile, con la quadreria curata dal professor Giorgio Fossaluzza e il riallestimento con speciale illuminazione curato dall’architetto Gianfranco Trabucco. Dove sono finite le opere? Sono nella disponibilità di Unicredit – inquilino al Monte che è di Fondazione, ma che rivendica la proprietà delle opere d’arte – e c’è chi sussurra che uno dei dipinti sia finita a Milano, l’altro a Roma. E c’è chi teme possano presto finire all’asta a Londra, da Sotheby’s, come sta succedendo ad altri capolavori della collezione di Unicredit.
Timori fondati? Nel dubbio, la Soprintendenza alle Belle Arti, con la divisione per le province di Treviso Padova e Belluno guidata da Luca Majoli, è scesa in campo. L’istituzione veneziana, organismo del ministero dei Beni culturali, avrebbe già comunicato a Unicredit, informalmente, che le due opere devono tornare a Treviso. In particolare il “Cristo Morto”, da riallocare al Monte di Pietà ora riaperto al pubblico e nuovo gioiello della città fruibile da turisti e visitatori. E questo per ripristinare perfettamente il contesto del Monte retrostante piazza dei Signori, sin dalla sua apertura nella seconda metà del 500. Dunque per precise ragioni storico-artistiche.
E il tondo, in ogni caso, era nella disponibilità di Fondazione Cassamarca se è vero che dopo il restauro del 1968 l’opera adornava la stanza del presidente di Ca’ Spineda.
I bene informati assicurano che per ora si tratta di un invito, senza alcun atto formale. E questo perché la Soprintendenza, come passo successivo, dovrebbe aprire un procedimento ufficiale con diffida e invito a ottemperare, pena la segnalazione all’autorità giudiziaria.
Un caso delicatissimo, che sconfina dallo stretto mondo dell’arte. Nel massimo riserbo si rincorrono mille voci, come quella che tra Fondazione e Unicredit – (mini)azionista il primo e casa madre la seconda – non ci sia affatto convergenza di vedute su proprietà e titolarità delle opere. E pensare che svelando il Monte riaperto il presidente di Fondazione, Luigi Garofalo, aveva espressamente ringraziato Unicredit, inquilino, e il dirigente Francesco Iannella, responsabile dell’area a Nordest, per la disponibilità mostrata. Non si era parlato di quadri.
Andrea Passerini
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